In un articolo su “La Repubblica" l'economista Alessandro Penati ha esposto la sua ricetta per la crescita da contrapporre all'austerità fin qui perseguita. Prima il succo della sua argomentazione (1), poi il nostro commento.

Punto 1: si tratterebbe di mettere in piedi un sistema di sussidi di disoccupazione universali che inducano i lavoratori (o i sindacati che poi convincono i lavoratori) a spostarsi dai settori decotti verso i settori a maggior crescita. Parte del finanziamento a questi sussidi verrebbe dal taglio dei trasferimenti. Punto 2: nel contempo si ridurrebbero le imposte sul capitale e sul lavoro per stimolare gli investimenti e i consumi. I punti 1 e 2 farebbero esplodere il deficit pubblico e quindi il debito, ma – ecco il punto 3 - una politica di crescita come questa non porterebbe necessariamente al rialzo dei rendimenti, perché potrebbe essere accolta bene dai mercati, che potrebbero vedere nel forte rilancio della crescita la via per assorbire nel futuro il debito pubblico.

Le obiezioni che si possono fare al ragionamento sono tre. La prima è relativa ai settori nuovi. Quali sono? Se non nascono velocemente, ecco che i sussidi di disoccupazione invece di essere temporanei e funzionali allo spostamento dai settori decotti a quelli in ascesa diverrebbero permanenti. La seconda è relativa al moltiplicatore. La maggior spesa e le minore imposte dovrebbero far crescere il PIL più di quanto cresca il deficit e il debito: per ogni euro di maggior deficit (che produce un euro di debito) si dovrebbe, infatti, avere un PIL che cresce per più di un euro. Se così non fosse avremmo un debito che cresce molto e che potrebbe spingere i rendimenti all'insù. Ciò che – attraverso le aste che assorbirebbero il debito in scadenza e di nuova emissione con un rendimento maggiore - alzerebbe il costo del debito, alimentando retroattivamente il deficit e quindi il debito.

Ignorando i tempi di costituzione dei nuovi settori e l'entità del moltiplicatore, una politica come quella proposta da Penati è rischiosa. Il rischio, infatti, è quello di vedere crescere molto il debito bruciando la credibilità faticosamente raggiunta.

(1) http://www.linkiesta.it/alessandro-penati-austerity-monti-merkel-Repubblica