Nel terzo trimestre del 2013 l’economia britannica è cresciuta dello 0,8 per cento, il tasso più alto degli ultimi tre anni. Dall’agricoltura (che vale appena l’un per cento del prodotto interno lordo) ai servizi (che valgono quasi l’80 e sono tornati a livelli superiori rispetto al 2008, prima della recessione) c’è stata un’espansione, tanto che s’è consolidata la speranza che l’attesa “recovery” sia finalmente arrivata – anche il Fondo monetario internazionale ha rivisto le sue stime e ridimensionato il suo scetticismo (1).
L’indice di fiducia dei consumatori è tornato a livelli rassicuranti: secondo YouGov e il Centre for Economics and Business Research, che calcolano l’indice dal 2009, è la prospettiva della crescita dei prezzi delle case ad aver convinto i consumatori ad aumentare le loro aspettative (2). Secondo l’ufficio nazionale delle statistiche (Ons), il valore medio di una casa nel Regno unito è di 247 mila sterline, che è il numero più alto riscontrato dal 1968: in Scozia i prezzi delle case stanno ancora crollando, ma tra Londra e il sud-est dell’isola c’è una crescita sostenuta. Nella capitale è già polemica, perché qui i prezzi sono aumentati del 10 per cento nel giro di un mese, e si sente tanto aria di bolla (3).
Bolla indotta dal governo per di più, sostengono molti economisti: lo schema “Help to buy” messo in piedi dal cancelliere dello Scacchiere Osborne sarebbe lo stimolo a costruire, affittare e comprare
case che ha drogato il mercato immobiliare, generando un boom “insostenibile”. Così Londra è portata a esempio degli effetti permanenti della crisi, che poi si rifanno tutti alle diseguaglianze: chi può comprare casa e chi non può, tanto per cominciare.
L’Observer, che sta facendo campagna sulla bolla, ha pubblicato un bel reportage da Hackney, a est di Londra, che da anni è considerata la faglia delle bolle, già sei anni fa qui si vedevano cose – tremende – che si sarebbero poi sparse per tutto il paese (4). La vita a Londra è diventata così cara che si è arrivata a sostenere addirittura la teoria secondo cui è più economico vivere a Barcellona (dove c’è il sole!) e fare i pendolari sulla City piuttosto che prendere casa nella capitale britannica (5). Il New Statesman, magazine della sinistra radicale, ha dedicato ampio spazio ai dati del London Poverty Profile, che sostiene che un terzo dei londinesi vive sotto la soglia di povertà e che avere un lavoro nella capitale non è affatto – e non più – una garanzia per poter sopravvivere a Londra (6): colpa dei Tory al governo, naturalmente, ma anche del sindaco di Londra, quel Boris Johnson che dice sicuro che non ci sarà alcun crash immobiliare nella sua città.
E mentre i giornali britannici si riempiono di racconti della Londra dei super ricchi, gli unici che possono permettersi di vivere lì, il governatore della Banca centrale, Mark Carney, dice che la ripresa non può essere trainata soltanto da Londra, perché non sarebbe una ripresa sostenibile. Che è una delle grandi contraddizioni del rilancio britannico, che sta sfaldando teorie centenarie, come ha scritto Simon Nixon sul Wall Street Journal (7), o che forse è semplicemente una crescita un po’ sopra le righe.
(1) http://www.ft.com/cms/s/0/e476dd06-2ff2-11e3-9eec-00144feab7de.html
(2) http://uk.reuters.com/article/2013/10/25/uk-britain-economy-idUKBRE99O08O20131025
(3) http://www.theguardian.com/money/2013/oct/21/london-house-price-50000-month
(4)http://www.theguardian.com/money/2013/oct/27/albion-drive-revisited-property-divide
(6) http://www.newstatesman.com/politics/2013/10/under-boris-and-tories-london-becoming-divided-city
(7) http://topics.wsj.com/person/N/simon-nixon/1464
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