I commentatori rubricano la questione dicendo: «A parte Murdoch, parte prima». Perché la scena britannica è monopolizzata dalla crisi dell’impero mediatico di News International, e quel che soltanto dieci giorni fa sembrava destinato a determinare le sorti del governo per sempre è diventato secondario. Ma, all’ombra dello scandalo che ha sconvolto tutto il sistema britannico, la settimana economica del Regno Unito è stata un mezzo disastro.
Mentre il Fondo Monetario sottolineava – se mai ce ne fosse ulteriore bisogno – che le montagne di debito tra Europa e America rallentano la ripartenza (1), uscivano i dati aggiornati della situazione britannica. Secondo lo studio dell’Office for Budget Responsibility (2), il debito inglese potrà passare in cinquant’anni dal 70% del Pil al 100% almeno. Come accade nella Vecchia Europa, anche Londra soffrirà soprattutto per le ripercussioni fiscali che derivano dall’invecchiamento della popolazione – le spese per le pensioni e per la sanità (la riforma del sistema sanitario rappresenta una delle grandi retromarce del governo Cameron: doveva essere radicalmente meritocratica, è diventata terreno di negoziato con i compagni di governo, i liberaldemocratici).
La spesa sanitaria passerà dal 7,4% del Pil al 9,8; le pensioni passeranno dal 5,5% del Pil al 7,9. Se gli interessi per ripagare il debito passeranno dal 2,8% al 4,5, i calcoli sono presto fatti. Come accade nel dibattito americano, è necessario guardare al lungo termine: fare accordi nel breve, con un’ottica di consenso politico, non aiuta la ripresa, né la aiuterà in futuro. Ci vogliono progetti.
Ma la crisi dell’eurozona non aiuta a pensare in grande. Nonostante l’intrinseco euroscetticismo degli inglesi, in continuo aumento peraltro (3), anche il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, ha dovuto ammettere che ci vogliono azioni coordinate in tutta Europa se si vuole uscire dalla crisi – finora il Regno Unito ha tenuto la linea thatcheriana del «non vi daremo un soldo d’aiuto». Il timore di contagio – con le agenzie di rating sempre pronte a far tremare anche i cuori più saldi – è arrivato fino a Londra, dove l’austerità deve ancora mostrare il suo volto più duro, ma già si sa che non è, non sarà sufficiente.
(1) http://www.thetimes.co.uk/tto/business/economics/article3094936.ece
(2) http://budgetresponsibilty.independent.gov.uk/pubsFSR2011.pdf
(3) http://www.politicshome.com
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