La vicenda di cronaca è l'arresto di moltissimi principi e imprenditori su ordine del nuovo “uomo forte” saudita Mohammad bin Salman. La vicenda si può leggere come il duplice tentativo saudita di uscire da un'economia che dipende dalla rendita petrolifera (1) e dal conflitto con una potenza regionale di maggior peso (2). SI hanno, infine, due questioni di natura generale: se le autocrazie possano combattere con successo la corruzione (3), all'interno del regime economico dominante nel Paesi emergenti - il “crony capitalism” (4).
Prima di affrontare il tema, è utile ricordare che in Arabia la successione al trono non è regolata, né la successione politica si forma a partire dalla divisione dei poteri in un sistema a suffragio universale entro uno stato etnicamente omogeneo. Il potere – al contrario - è suddiviso per tribù, e dunque si ha quella che eredita l'esercito, l'altra la sicurezza, e via dicendo. L'alterare i rapporti di potere all'interno della macchina dello stato diventa perciò l'alterare i poteri relativi delle tribù costituenti la compagine comune (5). Dunque l'alternanza delle persone al potere non è un normale ricambio di classe dirigente (6).
Il primo punto: uscire velocemente dalla pressoché totale dipendenza dalla rendita petrolifera attraverso l'intervento dello “stato imprenditore”. Abbiamo avuto due esperienze di stato imprenditore nei Paesi in via di sviluppo, quella Sovietica e quella della Cina Popolare. La prima ha accelerato l'industrializzazione per poter sopravvivere militarmente (7), ma tasso di crescita della produzione è stato di molto inferiore al tasso di crescita degli investimenti, senza contare la grande caduta della produzione agricola (8). Insomma, uno sviluppo “inefficiente”. In Cina, al contrario, forse perché non pressata militarmente (9), sembra che sia riuscita a crescere mantenendo un livello accettabile di efficienza (10).
Il secondo punto: potenze regionali in conflitto. Fino alla rivoluzione khomeinista del 1979 l’Iran e l’Arabia Saudita erano nella stessa coalizione con gli Stati Uniti. Poi l’Arabia è rimasta sotto l’ombrello statunitense, mentre l’Iran era andato allo scontro. I due contendenti sono limitrofi, le genti di osservanza sunnita e sciita vivono, infatti, intorno al Golfo Persico, dove si concentra il grosso dell’attività e del commercio petrolifero, nonché il grosso delle riserve mondiali. I sauditi, nel timore che gli Stati Uniti possano un giorno ritirarsi dal Medio-Oriente lasciando mano libera ai persiani, che sono molto più numerosi e che non sono una congerie di tribù, ma uno stato radicato su una civiltà millenaria, hanno cercato di mettere fuori mercato la produzione di petrolio statunitense estratto frantumando le rocce – lo shale oil. L’incentivo a proteggere i sauditi potrebbe, infatti, venir meno, se gli Stati Uniti raggiungessero, come oggigiorno sembra possibile (11), l’indipendenza energetica grazie allo shale oil, e dunque se perdessero l’interesse ad avere un presenza militare massiccia nel Vicino Oriente, lasciando mano libera alle potenze regionali, ossia all’Iran.
Il terzo punto: del combattere la corruzione se il motore del mutamento è un'autocrazia. Intanto “corruzione” è un concetto intuitivamente chiaro, ma analiticamente complesso (12). Vi sono delle autocrazie che sono riuscite a combattere la corruzione, per esempio Taiwan e Singapore. Sembra che l'efficacia di questa politica risieda nella forza dell'organizzazione – il partito, la burocrazia - che la porta avanti. In Arabia - per quel (poco) che si sa - non abbiamo due organizzazioni moderne come, appunto, il partito e/o una burocrazia in qualche misura indipendente dal potere politico. La lotta alla corruzione può così diventare la narrazione pop che nasconde una cruda resa dei conti fra i poteri in competizione (13).
Il quarto punto: “If one took capitalism and communism as the only two protagonists in the post World War struggle, it was easy to see that the latter had suffered a mortal blow. But there was a third, stealthier protagonist situated between them. This was a system best identified today as cronyism. For if capitalism did win over the other two contenders in 1991, its victory was short-lived. And in the years that have followed, it is cronyism that has captured an ever-increasing share of economic activity. A survey of the distribution of power and money around the world makes it clear: cronyism, not capitalism, has ultimately prevailed. What is cronyism? Cronyism is a separate system that falls between capitalism and state controlled socialism. Transitional cronyism claims to be capitalistic, whereas socialism claims to be egalitarian. But they are very similar, except for the size of the group of cronies at the top. In cronyistic societies, a larger group extracts a growing share of society’s wealth for themselves and their associates. In socialistic systems, a smaller group vies savagely for wealth and power: because putatively egalitarian economies are usually less efficient at generating wealth, there may be less to go around, making the infighting among socialist leaders that much more bitter“ (14).
“ll primo segnale che denuncia l'esistenza del “capitalismo dei compari” (crony capitalism) è dove un Paese di trova negli indici della corruzione e se la sua economia è dominata dalle industrie estrattive. In questo caso è frequente che ci sia collusione fra élite politiche ed economiche. In questo caso, infine, le élite portano la ricchezza cumulata fuori dal Paese verso i maggiori centri finanziari. Il secondo segnale è dove un Paese di trova negli indici di governo della legge. Se questi indicano un basso rating, allora un piccolo gruppo di persone può accumulare facilmente delle fortune che, di nuovo, non sono investite nel Paese, ma all'estero. Il terzo segnale è se un Paese esporta materie prime o prodotti industriali a basso valore aggiunto. Il quarto segnale è la misura dell'ineguaglianza di reddito, che è tanto maggiore, quanto minore è la libertà di competere fra le imprese. Va da sé che alcuni settori beneficiano più di altri nell'estrazione delle rendita in quanto regolati o legati all'intervento pubblico: la finanza, l'energia, le infrastrutture, il settore immobiliare “ (15).
Collegamenti ipertestuali:
4 https://www.foreignaffairs.com/articles/world/2017-07-19/capitalism-did-not-win-cold-war
5 - https://www.foreignaffairs.com/articles/saudi-arabia/2017-11-08/purge-riyadh?cid=int-rec&pgtype=art
6 - J. Cozza, T. Karasik, Se l'Arabia diventa uno stato fallito, Limes, maggio 2017
10 - http://www.nber.org/papers/w21397
11 - https://www.ft.com/content/63bd7bb0-c8b0-11e7-aa33-c63fdc9b8c6c
12 - www.diss.uniroma1.it/moodle2/mod/resource/view.php?id=3790
13 - https://www.foreignaffairs.com/articles/saudi-arabia/2017-11-08/purge-riyadh?cid=int-rec&pgtype=art
14 - https://www.foreignaffairs.com/articles/world/2017-07-19/capitalism-did-not-win-cold-war
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