Anche la Borsa inglese dice la sua sulla misura delle aspettative di uscita o meno del Regno Unito dall’Unione Europea. Ma prima vediamo come si sono mosse le indagini sulle opinioni dei britannici in merito al restare o meno nell’UE. I sondaggi promossi e riportati dalla stampa inglese - primo grafico a sinistra - segnalano una situazione attuale di equilibrio tra i “resta” e i “lascia” ma con scostamenti anche forti nel giro di pochi mesi a favore dell’una o dell’altra eventualità. In questa situazione e data l’importanza della decisione ogni nuovo sondaggio genera tensioni e provoca oscillazioni delle variabili finanziarie.
Decisamente diverso il segnale fornito dagli allibratori bookmakers) - primo grafico a destra. Anche se oggi la distanza tra i “resta” e i “lascia” è al minimo degli ultimi mesi, il mondo delle scommesse non ha particolari dubbi sull’esito del referendum attribuendo comunque oltre due terzi delle probabilità all’eventualità che tutto rimanga com’è. Ancora oggi, valore massimo da fine aprile, è poco più del 30% la probabilità assegnata all’abbandono britannico del consesso comunitario.
Non è detto che il dato degli allibratori sia significativo o confrontabile con quello dei sondaggi perché potrebbe segnalare esattamente l’opposto di quanto appaia: infatti, se devo scommettere su un evento come se fosse un cavallo o una squadra di calcio, il probabile vincente pagherà poco e riceverà poche puntate, in questo caso “lascia”; mentre l’evento meno probabile ma più potenzialmente remunerativo attirerà di più gli scommettitori, in questo caso “resta”.
Abbandonato il mondo dei sondaggi e delle scommesse possiamo vedere cosa racconta la Borsa inglese. Il confronto è fatto in termini di PE, rapporto Prezzo su Utili, delle società domestiche confrontato con le società esportatrici. Se l’ipotesi Brexit, qualora dovesse accadere, implica aspettative di significativa svalutazione della sterlina, congiuntamente a tutti gli altri negativi effetti sull’economia, le società più danneggiate sarebbero quelle legate alla domanda interna mentre le società esportatrici si troverebbero in un posizione più competitiva rispetto ai concorrenti internazionali e quindi con maggiori possibilità di difendere gli utili.
Conseguentemente, come si può notare dal secondo grafico, il livello della valutazione delle società domestiche rispetto alle società esportatrici ha già raggiunto e superato i livelli visti precedentemente al referendum scozzese mentre durante la crisi del 2008 furono ancora più sacrificati. Questo parametro indica il livello di probabilità di Brexit che attualmente le valutazioni della Borsa britannica incorporano, segnalando una rischiosità pari ai valori precedenti l’eventuale secessione scozzese. L’abbandono britannico dell’Europa, pur non essendo assimilabile ad una secessione in senso stretto, sarebbe una eventualità di dimensioni ed impatto ancora maggiore ma almeno una parte significativa delle conseguenze sembra essere già sufficientemente inglobata nella valutazioni relative tra le società quotate.
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