1 - Le azioni statunitensi continuano a salire

Le azioni statunitensi continuano a salire, ogni tanto interrompono l’ascesa, ma poi riprendono la corsa. Intanto che salgono, cambia il veicolo di investimento che trascina il mercato. I veicoli di investimento, come gli ETF, gli Exchange Traded Funds, che possiamo definire “passivi”, perché si limitano a comprare gli indici azionari, hanno raggiunto la stessa potenza di fuoco dei veicoli di investimento che non comprano gli indici, come i Fondi Comuni tradizionali, che possiamo definire “attivi”, perché scelgono i titoli singoli.
Se tutto sale, allora è più efficiente comprare gli strumenti che acquistano gli indici. Questi ultimi, infatti, non dovendo studiare centinaia di titoli per giungere a una scelta, hanno dei costi di gestione minimi. Piuttosto che spendere di più per guadagnare lo stesso o, come accaduto nella media delle gestioni attive, addirittura meno, conviene dunque comprare gli indici.
Il lato negativo dell’andamento degli investimenti appena descritto è presto detto: se si comprano gli indici e questi premiano ingiustificatamente alcuni titoli, questi ultimi continueranno a salire. Il mercato azionario sale, ma non sceglie, ossia non fa dei prezzi che abbiano un fondamento legato agli andamenti osservabili delle singole imprese. Il mercato azionario diventa più efficiente dal lato degli acquirenti perché spendono meno per investire, ma dal lato del mercato azionario come tale diventa meno efficiente, perché non usa tutte le informazioni disponibili per valutare le imprese quotate.

2 - Una spiegazione dell’ascesa perpetua dei corsi è la dimensione strategica degli Stati Uniti

Gli Stati Uniti hanno un’economia innovativa che si avvantaggia dell’azione di uno Stato interventista in campo fiscale e monetario e una condizione unica di sicurezza, grazie alla propria potenza militare e all’essere circondati da due oceani. Negli Stati Uniti l’economia innovativa emerge osservando le imprese tecnologiche di ultima generazione, quelle che agiscono in campo informatico. Il suo interventismo emerge dai comportamenti attivi sia della banca centrale sia del bilancio pubblico che è espanso (e anche molto, perché con il debito denominato nella moneta internazionale, il dollaro, è facile trovarne gli acquirenti) quando necessario.

Questa posizione unica la si comprende meglio facendo il confronto con l’Europa. Quest’ultima ha un’economia meno dinamica e un interventismo statale sia in campo monetario sia fiscale meno attivo di quello statunitense, nonché una vulnerabilità militare che, dopo molti decenni nei quali  è parsa priva di rilievo, sta emergendo con le ultime crisi.

Dal confronto con l’Europa il miglior andamento relativo delle azioni statunitensi sembra del tutto ovvio. Andando a cercare i numeri si evince che nel decennio 2004-2014 le azioni europee sono andate (poco) meglio di quelle statunitensi (una crescita del 8,3% contro 7,1% in media annua), mentre sono andate (molto) peggio nel decennio 2014-2024 (una crescita del 4,9% contro 12,1%). Perciò se le ragioni prima ricordate, quando si cercava una spiegazione del miglior andamento delle azioni statunitensi, fossero valide, lo sarebbero per l’ultimo decennio, ma non per quello precedente.

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3 - Esiste un’altra spiegazione, complementare se non alternativa, del miglior andamento delle azioni statunitensi?

La gran crescita della borsa statunitense è stata trainata dai giganti della tecnologia, le imprese che sono ormai nella vita di tutti: Amazon, Apple, Microsoft, Google, Facebook, e via dicendo. Con il “via dicendo” si intendono le due nuove star, Nvidia e Tesla. Queste imprese sono pagate molto per le prospettive di crescita che si pensa avranno nel futuro. Il rapporto fra la loro capitalizzazione e i loro utili è, infatti, di molto maggiore di quella del resto del mercato.

Sottraendo agli indici azionari statunitensi, precisamente allo Standard & Poor’s 500, i titoli tecnologici emerge il rapporto fra i prezzi e gli utili delle imprese che non sono direttamente attive nelle tecnologie informatiche. Il rapporto fra capitalizzazione e utili di queste imprese è ovviamente inferiore a quello medio degli Stati Uniti e, ecco il punto, simile a quello del resto del mondo, e in particolare a quello dell’Europa.

Dunque sono le imprese tecnologiche che spiegano il grandioso andamento del mercato azionario statunitense. Queste grandi imprese spiegano, infatti, la differenza fra un andamento normale ed uno particolarmente dinamico. L’attivismo dello Stato e la supremazia militare degli Stati Uniti sono molto importanti, ma non spiegano del tutto la differenza fra al borsa statunitense e quella degli altri paesi. La vera differenza la fanno le nuove imprese nel campo della tecnologia.

4 - Questo andamento iper dinamico del “gruppo di testa” delle grandi imprese non è una novità

 Le già citate imprese statunitensi tecnologiche più famose sono delle star. Anche in passato e sempre negli Stati Uniti c’erano delle star – General Motors, General Electric, AT&T, eccetera. Che cosa dice un confronto fra le star di ieri e quelle di oggi?

Lo vediamo dalla tabella, che presenta i dati relativi alle prime cinque imprese statunitensi per capitalizzazione e per il loro peso sul totale dell’economia americana, dagli anni Cinquanta del Novecento fino al 2017. Il confronto su un arco temporale di quasi settant’anni porta a concludere che le star di oggi, pur così diverse, non sono più redditizie di quelle di ieri; in compenso pagano meno imposte, ma hanno un peso diretto sull’occupazione inferiore e hanno anche un peso inferiore come indotto. Il loro peso in borsa e stato a lungo simile a quello delle star di ieri. Negli ultimi tempi però la capitalizzazione delle star di oggi è diventata di gran lunga superiore a quella delle star di ieri.

Legenda: MOL/Fatt: Margine Operativo Lordo sul fatturato, media dei valori delle cinque imprese; Tax/MOL: imposte sul Margine Operativo Lordo, media dei valori; Occupazione: occupati sul totale degli occupati civili, media dei valori;Spese/PIL: costo dei beni acquistati e dei salari sul PIL, media dei valori;Star/Borsa: somma della capitalizzazione delle star sul totale della Borsa.

Elaborazione Mondo Economico

 

5 - Detto del passato passiamo al futuro

Ormai, se non tutti, molti si aspettano un mutamento profondo che trae origine da un nuova tecnologia, quella dell’intelligenza artificiale. Proviamo ad analizzarne le prospettive economiche e finanziarie, non quelle legate a una possibile pervasività in campo politico.

Ad oggi il progresso tecnologico ha sostituito le attività di routine, prima quelle fisiche negli anni '70, poi quelle d'ufficio negli anni '90. E i salari di chi svolgeva queste mansioni sono scesi. All’opposto sono saliti i salari di chi svolgeva i lavori più qualificati. Con la rivoluzione dell’intelligenza artificiale è probabile che a trarre vantaggio siano coloro con meno qualifiche o con super qualifiche. Dove si ha una popolazione che invecchia si avrà carenza di lavoratori quando sia richiesto il lavoro fisico, mentre i lavori meno sofisticati del “colletti bianchi” non saranno più o poco richiesti.

Questo è un mutamento profondo che potrebbe favorire le imprese tecnologiche e mettere in difficoltà le imprese che hanno ancora un numero cospicuo di colletti bianchi vecchia maniera, o che hanno bisogno di chi svolga un lavoro fisico. Non per caso, si parla dell’intelligenza artificiale come la prossima ondata di domanda per le imprese tecnologiche, che ne giustifica le quotazioni elevate, ossia dei prezzi di borsa che incorporano degli utili significativi che dovrebbero palesarsi in futuro.

Insomma, l’intelligenza artificiale potrebbe essere l’origine di una nuova bolla azionaria (i.e. quando i prezzi delle azioni si allontano molto dai valori di reddito d’impresa che siano osservabili). Che vi sia un gran entusiasmo per il futuro di chi produrrà l’intelligenza artificiale non meraviglia. Qui siamo nel campo dell’influenza delle narrative sulle dinamiche di borsa. Che l’intelligenza artificiale possa aver dei tempi lunghi per materializzarsi non è da escludere, e nemmeno questo desta meraviglia. Le bolle, infatti, sono mosse dall’entusiasmo che, come tale, tende a non dare troppa importanza ai tempi di diffusione della nuova tecnologia. Se così non fosse, non avremmo la crisi, la caduta, dei corsi quando emerge che le aspettative di un futuro radioso erano fin troppo anticipate.

Vi sono state negli ultimi due decenni tre bolle. Quella in corso, quella a cavallo del millennio, quella degli anni Settanta. Come si vede dalla tabella, il rapporto fra capitalizzazione e utili correnti della bolla in corso non è diverso da quello delle bolle precedenti.

Fonte: Financial Times

6 - A proposito dell’entusiasmo

Isabella impegna i propri gioielli, e, ricevuto un prestito adeguato, finanzia Cristobal Colon, un tale che guardava meditabondo un uovo, e che, con tre caravelle, punta nientemeno che a occidente alla ricerca della misteriosa Zipangu. In un mondo di investitori prudenti nessuno mai avrebbe finanziato la ricerca di quello che poi sarebbe diventato il più grande affare della storia, il Nuovo Mondo. Fin dalle origini gli Stati Uniti sono alla spasmodica ricerca di investimenti che non possono dirsi sensati né prudenti. Il Nuovo Mondo si è sempre tuffato con passione dietro le innovazioni, dal treno, al motore a scoppio, alle imprese high tech, persino ai mutui sub prime.

Le bolle, contrariamente a quanto sembra a chi è “sensato” e “prudente”, aiutano gli investimenti, perché, con prezzi molto alti delle azioni in emissione, il capitale di rischio costa molto poco. Si fanno così molti investimenti. Ma  prima o poi scoppia la bolla. Il capitale fisico resta, mentre il prezzo delle azioni cade. L’economia è, alla fine della bolla che trascina gli investimenti, più ricca, perché resta il capitale fisico, mentre gli azionisti sono, in media, più poveri. Allo stesso tempo però, gli azionisti sono pronti a rincorrere la prossima bolla.

I ricavi previsti per il mercato dell'IA generativa - Fonte: S&P Global Market Intelligence