L’economia «reale» – il Pil depurato della variazione dei prezzi – ha mostrato negli Stati Uniti un miglioramento nel terzo trimestre rispetto al secondo. Un miglioramento per quasi la metà legato alla rottamazione (1). Come va l’economia «creditizia», sempre negli Stati Uniti? Rispetto a un anno fa:
– le banche nel complesso hanno ridotto il credito alle imprese del 10%;
– le grandi banche hanno ridotto il credito alle imprese del 20%
– le banche nel complesso hanno accresciuto del 20% gli acquisti di titoli del Tesoro (2).
In breve, le banche riducono l’attivo rischioso e accrescono quello meno rischioso. Attenzione: l’economia si starebbe definitivamente risanando se il Pil crescesse senza rottamazioni – che hanno un effetto positivo temporaneo: le auto comprate oggi non saranno comprate domani – e se le banche erogassero credito alle imprese. Per ora accade il contrario.


Una cosa non molto sottolineata è questa: se l’economia reale dipende dagli stimoli pubblici e se le banche comprano i titoli pubblici, si ha un «tasso di socialismo» maggiore, vale a dire un maggior peso del potere politico in campo fiscale e monetario. Se la crisi si «sgrava» il tasso di socialismo si riduce e il sistema politico non entra sotto tensione, ma, se si aggrava, il tasso di socialismo aumenta e il sistema politico va sotto tensione.
 
Se si aggrava, le emissioni di debito pubblico aumentano. A quel punto, per fermare la crescita dell’onere del debito, si dovrà portare il deficit pubblico prima del pagamento degli interessi in campo positivo (= surplus primario). Ossia, tagliare le spese e/o aumentare le imposte. In questo modo è alimentata la tensione politica.
 
Si prenda il caso degli Stati Uniti e delle elezioni di medio termine, che si celebrano nel 2010, e poi delle presidenziali che si tengono nel 2012. Di alzare le imposte non se ne parla – le bloccherebbero i Repubblicani – e di ridurre le spese nemmeno – le bloccherebbero i Democratici.
 
Per questo insieme di ragioni conviene essere molto scettici sugli investimenti in titoli del Tesoro a lungo termine. Essi sono un buon investimento (= i rendimenti non salgono e quindi i prezzi restano fermi) solo se la crisi si «sgrava». Altrimenti, se si aggrava, i rendimenti non possono che salire, ossia i prezzi delle obbligazioni scendere.
 
Mutatis mutandis, le stesse considerazioni si possono fare per l’Europa.


(1) http://www.centroeinaudi.it/notizie/il-pil-degli-stati-uniti-nel-terzo-trimestre.html

(2) http://blog.atimes.net/?p=1208