Uno straordinario maestro della fotografia, come il francese Robert Doisneau, preparava sovente delle esche. Osservava l'umanità, la capiva. C'è uno scatto del 1948, "Lo sguardo obliquo", che dice molto sulle nostre debolezze. S'infilava nel negozio dell'amico antiquario, appendendo di sguincio il quadro di una signorina discinta, con le terga in evidenza. Poi si piazzava, al buio, dietro la vetrina. Così è riuscito a immortalare - con l'intensità che solo il bianco e nero sa restituire - l'occhiata furbetta del marito della buona borgesia che sembra assecondare la moglie, ma in realtà punta altrove.

Ho visitato con gusto pochi giorni fa la straordinaria antologica dell'artista a Camera. E ho ascoltato con altrettanto gusto il discorso di fine anno del presidente della Repubblica. Ho colto le stesse vibrazioni dell'osservatore autorevole che dietro all'obiettivo coglie l'attimo, lo denuncia e indica la prospettiva. In Sergio Mattarella, nel consueto rigore, c'è ora la disinvoltura dell'inatteso secondo mandato di fronte al video, in piedi, a ricordare con chiarezza i paletti della nostra Costituzione in vigore da 75 anni. 

Non può esserci uno "sguardo obliquo" nella nostra classe dirigente. Non deve. Soprattutto quando ci si deve misurare con la responsabilità del Governo. Incoraggiamento a Giorgia Meloni, prima donna a Palazzo Chigi, ma nessuno sconto sul rispetto della Carta fondamentale. Ma non può esserci uno "sguardo obliquo" neppure in noi cittadini, perché - ha ricordato il Presidente - «la Repubblica siamo tutti noi. Insieme». E ancora: «Lo Stato nelle sue articolazioni, le Regioni, i Comuni, le Province. Le istituzioni, il Governo, il Parlamento. Le donne e gli uomini che lavorano nella pubblica amministrazione. I corpi intermedi, le associazioni. La vitalità del terzo settore, la generosità del volontariato. La Repubblica – la nostra Patria – è costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano per le loro famiglie. La Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune».

Robert Doisneau è diventato famoso per quello straordinario ritratto del bacio a Parigi. Un gesto intenso, di intensità e di fiducia sul futuro: una certa idea di felicità.

Robert Doisneau, «Le baiser de l’Hôtel de Ville», Paris 1950 © Robert Doisneau

Anche il presidente Mattarella ha incoraggiato l'Italia alla fiducia sul futuro. «Dobbiamo stare dentro il nostro tempo, non in quello passato, con intelligenza e passione - sono ancora sue parole -. Per farlo dobbiamo cambiare lo sguardo con cui interpretiamo la realtà. Dobbiamo imparare a leggere il presente con gli occhi di domani. Pensare di rigettare il cambiamento, di rinunciare alla modernità non è soltanto un errore: è anche un’illusione. Il cambiamento va guidato, l’innovazione va interpretata per migliorare la nostra condizione di vita, ma non può essere rimossa. La sfida, piuttosto, è progettare il domani con coraggio.

Il futuro passa dalle nuove generazioni, dai giovani, dalla scuola, dagli investimenti per natalità e famiglia. C'è una responsabilità irrinunciabile in questo senso. Il presidente della Repubblica è stato molto chiaro con questo sguardo, lo stesso che ho ritrovato nei bambini di Doisneau. Dopo ambiente e digitale, «il terzo grande investimento sul futuro è quello sulla scuola, l’università, la ricerca scientifica. È lì che prepariamo i protagonisti del mondo di domani. Lì che formiamo le ragazze e i ragazzi che dovranno misurarsi con la complessità di quei fenomeni globali che richiederanno competenze adeguate, che oggi non sempre riusciamo a garantire».

Robert Doisneau, «Caniveau en crue», Paris 1934 © Robert Doisneau

Buon 2023, tiriamoci su tutti insieme le maniche. Dovremmo portare dei pullman di Mattarella nelle scuole, nelle nostre case, nei consigli comunali e regionali. E anche - se possibile - negli spogliatoi delle squadre di calcio, indipendentemente dai risultati (caro il mio Berlusconi). 

L’antologica dedicata al maestro francese Robert Doisneau, uno dei più importanti fotografi del Novecento, è a Torino nelle sale di CAMERA (Centro Italiano per la Fotografia). Ed è aperta tutti i giorni fino al prossimo 14 febbraio. Curata da Gabriel Bauret e promossa da CAMERA, Silvana Editoriale e Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, la mostra presenta oltre 130 fotografie dell’autore in un percorso che comprende le sue immagini più iconiche insieme a scatti meno noti ma altrettanto straordinari, selezionati fra gli oltre 450mila negativi di cui si compone il suo archivio.

L'immagine di copertina è: «Un regard oblique», Paris 1948 © Robert Doisneau