Abbiamo la pessima abitudine di scaricare sui decisori pubblici tutte le nostre frustrazioni economiche e sociali. "La colpa è della politica", punto. Ciò che dimentichiamo, più o meno consapevolmente, è che quei politici che fanno male il loro mestiere li abbiamo votati noi. Liberamente. E non basta andar per bacheche con l'hashtag #noninmionome per lavarsi la coscienza.
Un giorno di molti anni fa, quando ero solo un giovane cronista, Giampiero Leo, astro nascente della Democrazia Cristiana torinese di allora, a domanda sul complesso rapporto tra etica e politica rispose: «Noi politici siamo lo specchio fedele del nostro elettorato» Ci misi un po' di tempo a capire il senso di quella risposta, ma alla fine compresi che Giampiero Leo (che ancora è sulla breccia), aveva perfettamente ragione. Vale per noi italiani, ma vale per chiunque abbia diritto di voto. Statunitensi compresi.
Prendete Donald Trump, già presidente degli Stati Uniti. Si è trattato di uno dei capi di Stato più improbabili della storia della moderna democrazia. Ultimamente passa più tempo nelle stazioni di polizia a fare foto e lasciare impronte che nella Trump Tower di New York a gestire il suo impero economico. Il 24 agosto è stato arrestato e condotto in carcere ad Atlanta (una sosta risolta in 20 minuti, con un assegno da 200mila dollari di cauzione), perché accusato di avere truccato le elezioni del 2020, quelle perse contro Joe Biden. Eppure nel 2024 rischia di nuovo di diventare il prossimo presidente degli Stati Uniti.
Per raccogliere denaro sufficiente per la campagna elettorale (e questo è oggettivamente un colpo di genio), userà anche il denaro che gli elettori repubblicani americani gli daranno comprando la T-shirt (e altri gadget) già in vendita in tutti gli States, quella che lo ritrae nella foto segnaletica scattata al momento dell'immatricolazione nel carcere della Georgia. Lo ha già fatto, non si lascerà scappare l'occasione. Un politico che ha un patrimonio da 2,5 miliardi di dollari sa come si fa a spillare qualche dollaro a un elettore in cerca di qualcuno sul quale scaricare le proprie paure.
Immagino già i corrieri di Amazon pronti agli straordinari per consegnare le magliette del povero Trump in ogni angolo degli States. Sono gli effetti collaterali del libero mercato: c'è chi si compra la maglietta del proprio beniamino sportivo, chi quella a sostegno di qualche causa benefica e chi la maglietta del Primo (ex) presidente incriminato per reati federali nella storia americana.
Certo, a fronte di cotanta faccia tosta, il caso del generale Roberto Vannacci sembra davvero una questione irrilevante, quasi una bega condominiale. Solo che c'è un tarlo che mi assilla: quanti saranno i trumpiani di casa nostra (che guarda caso sono spesso anche un po' filo putiniani, dopo una felice militanza No-Vax), elettori che si lamentano un giorno sì e l'altro pure della pessima classe politica che ci governa, a comperare la nuova t-shirt di Donald Trump?
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