«Comprare un titolo di stato resta una scelta efficiente. A patto che si tenga conto di alcuni potenziali rischi. Non ultimo il saggio detto popolare che è bene non mettere tutte le uova nello stesso paniere». Giuseppe Romano, co-fondatore di Consultique, società leader in Italia nella consulenza finanziaria indipendente e direttore del Centro studi, offre questo consiglio a quanti in queste ore stanno ragionando in vista dell’offerta di Btp valore la prossima settimana. Un’emissione che promette – e ci spera soprattutto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – di ritoccare il record di giugno, quando furono investiti quasi 19 miliardi in questo nuovo titolo di Stato. Stavolta si aggiunge un’altra novità: la cedola trimestrale.
Dottor Romano, innanzitutto quali sono i vantaggi?
«Un rendimento medio nei cinque anni che dovrebbe assestarsi sul 4,30% e dunque sulla lunga distanza potrebbe proteggere dal rischio inflazione. L’estrema liquidità del prodotto in qualsiasi momento. Poi la tassazione agevolata rispetto alle altre forme di investimento. Di fatto dimezzata. E, se vogliamo, anche un premio fedeltà per chi li tiene fino alla fine, peraltro trascurabile».
Gli svantaggi?
«Più che di svantaggi parlerei di percezione di consapevolezza. Bisogna essere coscienti che se si dovesse ritirare il capitale prima dei 5 anni si può anche perdere del denaro. Dipende dalle oscillazioni sul mercato. Le faccio l’esempio del Btp valore emesso a giugno. Se si dovesse vendere oggi si perderebbe circa il 2% del valore sottoscritto. Può anche capitare il contrario: che il titolo salga. Quindi un paletto certo per evitare brutte sorprese è la durata».
Quali effetti possono arrivare da un quadro economico incerto quale quello attuale dove l’inflazione non cala come previsto ed è concreto il rischio di un altro rialzo dei tassi?
«Sono le incognite che pesano di più. Il recupero di attenzione verso i titoli di Stato è frutto proprio dell’aumento del costo del denaro da parte delle banche centrali, sia europea sia americana. Un ulteriore rialzo dei tassi favorirà interessi ancora più alti per le prossime emissioni ma deprezzerà sul mercato il valore dei titoli emessi. Ecco perché torna importante conservare l’investimento fino alla scadenza. Non solo: più l’inflazione resterà alta a lungo più si ridurrà l’effetto protezione del titolo di Stato sulla distanza».
Cioè?
«È molto difficile che nel breve periodo l'inflazione tornerà sotto il 2% come inseguito dalle banche centrali: rimane importante il tempo che impiegherà per avvicinarsi. Se le ultime previsioni sono esatte arriveremo a un 2,5% alla fine del 2025. Dunque, chi investe nel Btp valore con un rendimento annuo attorno al 4,3% avrà di li in poi un ritorno, mentre adesso sconta la differenza tra il rendimento del titolo e il tasso dell’inflazione».
Quanto è alto il rischio di un nuovo rialzo da parte di Bce e Fed? E soprattutto pe quanto tempo resteranno invariati i tassi?
«Il petrolio che vede quota cento dollari non aiuta certo nella lotta contro l’inflazione. Quindi è possibile che sia Bce sia Fed rialzino ancora il costo del denaro di almeno 25 punti. Ma soprattutto credo che i tassi bancari resteranno alti per molti mesi perché la discesa dell’nflazione avverrà più lentamente di quanto previsto dai banchieri centrali. Il quadro potrebbe cambiare di colpo se l’andamento dell’economia dovesse crollare. Ma credo che sia un’ipotesi che nessuno si augura».
C’è un rischio Italia in questo quadro?
«Noi sicuramente abbiamo uno dei debiti più elevati. E adesso per riuscire a far la manovra lo aumenteremo ancora anziché ridurlo come si aspetterebbe l’Europa. Ma non è che gli altri siano molto più virtuosi di noi. Francia, Stati Uniti e la stessa Germania negli ultimi anni hanno aumentato il deficit per finanziarsi. Certo il nostro livello di indebitamento resta più elevato».
Quanto può esserci d‘aiuto la capacità di risparmio, virtù in cui eccelliamo?
«Il risparmio degli italiani secondo gli ultimi dati di Bankitalia supera i cinquemila miliardi. E’ una cifra importante, direi enorme. Un trenta per cento è parcheggiata sui conti correnti: 1500 miliardi. Ultimamente il rialzo dei tassi ha convinto una parte dei risparmiatori a spostare un pezzo di questo patrimonio che dorme da mesi sui titoli di Stato. Nel 2022 dopo anni di deflusso, c’è stato un cambio di direzione. Gli investimenti in Btp, Bot e Cct sono aumentati di 54 miliardi. Quest’anno andrà ancora meglio. Potremmo assistere a un vero exploit con il raddoppio della raccolta rispetto a dodici mesi fa».
Come sono investiti gli altri 3700 miliardi?
«La fetta più grande rientra nel sistema azionario. Milletrecento miliardi sono il frutto di partecipazioni azionarie, altri mille sono investiti nelle Borse. Questa cifra comprende anche i piccoli investitori. Il portafoglio del risparmio gestito si aggira attorno ai 1500 miliardi, con 700 miliardi in fondi comuni, 260 in obbligazioni. Poi ci sono anni in cui cresce di più e altri in cui scende. Ma la massa gira attorno a quella cifra. Uno dei rischi che si corre è quello della concentrazione. Investire insomma in quello che ci è più vicino, nella convinzione che lo si conosca meglio. E dunque su prodotti e titoli italiani. Ma cosi ci si espone molto a un eventuale rischio Paese. Ecco perché come consulenti non ci stanchiamo mai di insistere sulla diversificazione. Resta la miglior soluzione per proteggere il nostro giardino del risparmio».
Come prevede che andrà la Borsa da qui a fine anno?
«Il mercato azionario resta ben prezzato. E già questa è una buona notizia in tempi di costante risalita dei tassi di interesse che tendenzialmente influiscono in modo negativo sugli andamenti dei mercati finanziari. Invece le Borse riescono a tenere i livelli. Merito delle aziende che continuano a far utili. Chiaro che il mercato obbligazionario in questo momento offre tassi interessanti che, come sempre, spingono a un cambio di portafoglio. Ma, ripeto, dopo le ottime performance nella prima parte dell’anno, le Borse riescono a stare a galla».
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