Si discute della crisi finanziaria dei Paesi Emergenti (che possiamo chiamare i “Paesi Periferici”) . Ci si chiede quanta parte della crisi sia legata al mutamento delle politiche monetarie dei Paesi Emersi e quanta sia legata alle vicende "storico-politiche" (1). Qui ci concentriamo solo sulla prima parte, ma, per farlo, occorre una lunga premessa sulle politiche monetarie dei Paesi Emersi (che possiamo chiamare i “Paesi Centro”).
1- Le politiche monetarie “non ortodosse”.
Fino a non troppo tempo fa – il mondo dell'economia precedente la globalizzazione - la banca centrale di ogni paese abbassava il tasso di interesse, quando l'economia andava male per stimolarla, e lo alzava, quando l'economia correva troppo per non farla surriscaldare. La banca centrale agiva anche sul mercato valutario nella direzione dell'indebolimento o del rafforzamento della moneta. In qualche caso – in Italia fino agli inizi degli anni Ottanta - interveniva sul mercato dei titoli di stato, acquistandoli, se non fossero stati comprati dai privati. Infine, supervisionava il sistema bancario nazionale. Insomma “faceva un sacco di cose”. Poi - con la crisi in corso esplosa in un mondo di interdipendenze - è arrivato il “gran salto”.
Da qualche anno la Banca Centrale degli Stati Uniti si è messa ad acquistare in misura massiccia i titoli obbligazionari sia privati (come quelli con in pancia i mutui ipotecari) sia pubblici, detti anche “sovrani”. E lo ha fatto sia per evitare che il sistema finanziario e quello dei mutui ipotecari crollasse – il lato degli acquisti di obbligazioni private -, sia per comprimere il costo delle politiche fiscali espansive – il lato degli acquisti di titoli del debito pubblico. Insomma, per evitare la crisi e rilanciare la crescita, le politiche monetarie sono diventate “non ortodosse” (quelle “ortodosse” sono quelle descritte nel paragrafo precedente).
Sul versante dei titoli pubblici sia la Banca Centrale d'Inghilterra sia quella del Giappone sono intervenute con acquisti massicci. La Banca Centrale Europea, che segue il Fiscal Compact, non è intervenuta in misura massiccia in acquisto dei titoli di stato, ma ha finanziato le banche di credito ordinario – soprattutto quelle spagnole e italiane - che li compravano. Vale a dire che essa è intervenuta lo stesso, ma “indirettamente” (2).
Insomma, c'è stato un grande interventismo, con la politica monetaria che in un modo o nell'altro ha cercato di aiutare il sistema finanziario (3) e la politica fiscale (4). E siamo al dunque.
Il grande interventismo non può durare all'infinito, perché prima o poi i mercati dovranno “camminare con le proprie gambe”, e quindi decidere con quali rendimenti comprare le obbligazioni sia private sia pubbliche. I rendimenti possono salire con violenza oppure morbidamente, e, in ogni caso, si deve fare in modo che non vi siano degli “effetti collaterali” negativi. Come possiamo uscire dall'interventismo delle banche centrali? A parte il rialzo dei tassi, che per ora non è all'orizzonte, le modalità sono: le banche centrali smettono di comprare le obbligazioni, ma tengono in portafoglio quelle acquistate, oppure le vendono. E qui arriva il bello.
2- Tapering versus Tightening mentre si instilla timore
Prima di una gara un atleta smette di allenarsi – l'espressione inglese è tapering. Quando Bernanke in giugno parlò di tapering, i mercati tosto si innervosirono. Bernanke si riferiva alla fine degli acquisti di titoli di stato - il Quantitative Easing III - da parte della Banca Centrale. Meno acquisti – con il miglioramento degli andamenti economici - nel 2013 e – se e solo se - l'economia si fosse stabilmente ripresa – nessun acquisto nel 2014. Non aveva fatto cenno a una politica monetaria restrittiva – il tightening, lo stringere la cinghia: belt-tightening – quando da un lato si hanno dei tassi di interesse maggiori praticati dalla Banca Centrale per finanziare le banche si credito ordinario, e dell'altro si ha la vendita delle obbligazioni che la Banca Centrale aveva comprato nel corso del tempo.
Dunque Bernanke aveva in mente l'atleta che smette di allenarsi, non la cinghia più stretta. In un primo momento i mercati finanziari, che non avevano capito la distinzione fra tapering e tightening - caddero temendo la “stretta monetaria”. Dopo qualche giorno altri esponenti della Banca Centrale statunitense si pronunciarono spiegando che non si trattava di stringere la cinghia, ma semmai di smettere di allenarsi, e i mercati smisero di temere il peggio. Poi arrivarono le dichiarazioni della Banca Centrale d'Inghilterra e della Banca Centrale Europea, tutte nella direzione delle politiche monetarie ultra lasche. Per un certo periodo i mercati delle obbligazioni smisero di flettere e quelli delle azioni tornarono a salire. Infine, Bernanke ha chiarito la contrapposizione fra Tapering versus Tightening in un'audizione parlamentare.
Sembra perciò che nei mercati finanziari prevalga questa relazione: Economia Debole = Politica Monetaria Lasca = Mercati obbligazionari Tonici e azionari in Ascesa, che si contrappone all'altra relazione: Economia Forte = Politica Monetaria Meno Espansiva o Restrittiva = Mercati obbligazionari Deboli e azionari (forse) in Ascesa.
Dunque tanto più floscia è la ripresa dell'economia reale, tanto maggiore è la stabilità dei mercati finanziari. E questo – per quanto possa sembrare tale - non è un qualche cosa di “irrazionale”. I prezzi delle obbligazioni del Tesoro sono, infatti, talmente alti (i rendimenti talmente bassi) che si ha una spinta a comprare tutto quel che rende di più. Se le obbligazioni del Tesoro avessero dei prezzi più bassi (dei rendimenti più alti) per il venir meno degli acquisti delle Banche Centrali, allora verrebbe meno la spinta a comprare tutto quello che rende di più. Se il rendimento del Bond decennale statunitense andasse nel tempo al cinque per cento – il suo rendimento storico - dal tre per cento dove si trova, nessuno comprerebbe un'obbligazione ad alto rischio che rende il cinque per cento.
Quale è stato l'intendimento di Bernanke? Creare confusione? No, ha voluto iniettare timore nei mercati, perché smettessero di costruire troppe posizioni a leva (= acquisti finanziati arbitrando la differenza fra il rendimento dell'attività comprata e il costo del suo finanziamento) che, alla fine, si rivelano troppo rischiose, quando la politica monetaria smette di essere ultra espansiva. Bernanke, infatti, ha dichiarato: I think not speaking about these issues would have risked a dislocation; it would have risked increase build-up of risky, leveraged positions in the market.
3- Il ciclo finanziario dei Paesi Emergenti
Vi sono (5) i Paesi “centro” - con mercati finanziari enormi e quindi liquidi - e quelli “periferici” - con mercati finanziari comparativamente minuscoli. Quando le banche centrali dei primi schiacciano i tassi di interesse (il tasso che la banca centrale chiede alle banche di credito ordinario per finanziarle) ed i rendimenti (quando la banca centrale compra le obbligazioni – il “quantitative easing”), ecco che i mercati dei secondi vanno bene, perché i capitali giungono copiosi alla ricerca di rendimenti maggiori. I capitali sono sia quelli nella forma degli acquisti di attività finanziarie sia quelli nella forma di crediti delle banche dei Paesi “centro” verso quelle dei Paesi “periferici”. Il contrario accade quando i Paesi “centro” alzano i tassi e/o smettono di comprare obbligazioni. I capitali tornano al centro, provocando una forte correzione delle valute, delle azioni, delle obbligazioni, mentre si ha un forte rialzo del tasso di interesse nei Paesi “periferici” per trattenerli.
Con l'attesa della fine degli acquisti di obbligazioni del Tesoro da parte della Banca Centrale degli Stati Uniti i rendimenti dei Bond decennale dovrebbero tendere prima (nel 2013) al 3% e poi al 4% (nel 2014). Qualche tempo fa essi erano intorno al 1,5%, con i rendimenti delle obbligazioni private di minor qualità e delle obbligazioni dei Paesi emergenti intorno al 5%. Il “premio per il rischio” era perciò pari al 3,5% (5%-1,5%). Lo stesso premio per il rischio con i rendimenti dei Bond decennali al 4% diventa pari al 7,5%. E dunque per le obbligazioni emesse (la cedola è fissa) i prezzi debbono cadere fono a equiparare i rendimenti.
L'aspettativa di un rialzo dei rendimenti negli Stati Uniti spinge perciò al rialzo i rendimenti (i prezzi al ribasso) in tutti i Paesi “periferici”. Salendo il rendimento delle obbligazioni, sale anche il fattore di sconto delle azioni: gli investitori allora vendono le obbligazioni e le azioni dei Paesi “periferici” per comprare attività finanziarie dei Paesi “centro”, ma facendo così spingono all'ingiù anche il cambio. Le banche dei Paesi “periferici” si trovano perciò a dover pagare in una moneta svalutata i crediti in valute forti che vanno scadenza con le banche dei Paesi “centro”. Insomma tutto si avvita nei Paesi “periferici”, fino a quando non si trova un nuovo equilibrio. A quel punto le loro azioni e le obbligazioni tornano attraenti, mentre i cambi si stabilizzano.
Facendo dei conti con dieci variabili finanziarie e reali si hanno dei valori per comporre un indice che è chiamato della “vulnerabilità finanziaria”. Esso varia da 0 a 100, dove 100 è ovviamente il massimo di vulnerabilità. I paesi sono: Cina –> 72, Hong Kong -> 72, India -> 91, Indonesia -> 71, Corea → 18, Malesia -> 78, Singapore -> 99, Taiwan -> 24, Thailandia -> 60. La Corea e Taiwan sono completamente “fuori dai guai”, mentre alcuni Paesi sono messi male, ed altri malissimo. Curiosamente è messa malissimo Singapore, una paese ritenuto un “porto sicuro”. La ragione è il peso dei debiti con l'estero che sono pari al suo PIL. I conti si trovano a pagina 2 dello studio di Bank of America – Merril Lynch, Is this 1997? Close but not quite there.
(2) http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/ricerche/1447-long-term-refinancing-operations.html
(3) http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/3433-torna-l-irrational-exuberance.html
(4) http://www.centroeinaudi.it/lettera-economica/articoli-lettera-economica/asset-allocation/1677-il-moltiplicatore-fiscale.html
(5) http://www.scmsim.it/sito/2013/09/la-crisi-asiatica-ex-giappone/#more-8377
L'articolo è uscito in forma ridotta su:
http://temi.repubblica.it/limes/gli-usa-riaprono-la-guerra-delle-valute/51714
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