I numeri ufficiali rilasciati dall'Istat parlano di un'inflazione sotto controllo, con valori sotto il 2%. Dopo l'impennata del 2021-2022 la crescita dei prezzi è quindi rientrata nei ranghi. Nemmeno i tagli ai tassi da parte della BCE hanno per ora generato ulteriori fiammate, sempre stando alla reportistica ufficiale.
Un contributo alla frenata dell'inflazione è senz'altro arrivato dal calo dei prezzi di alcune materie prime (in primis il petrolio), tornate su valori più in linea con le medie storiche di lungo periodo, dopo i rally registrati nella fase post Covid. Ci sono però delle eccezioni, come il caffè, che proprio in questi ultimi mesi ha toccato i suoi massimi storici. Ma partiamo da un quadro più ampio, per poi vedere l'andamento di alcune commodity alimentari.
Complessivamente l'indice delle materie prime di Bloomberg indica un apprezzamento rispetto ai valori di cinque anni fa nell'ordine dei 50 punti percentuali. Certo, pesa il fatto che nell'estate 2020 i prezzi di alcune materie prime fossero ancora "a sconto" causa pandemia, ma lo scenario generale è chiaro, con forti rialzi nel 2021 e 2022, mentre il calo del 2023 è stato ampiamente recuperato nel 2024.
Bloomberg commodity index

Fra i settori che hanno messo a segno rialzi in doppia e spesso anche in tripla cifra nell'epoca post Covid troviamo i metalli preziosi, capitanati da oro e argento, ma anche il vasto comparto delle materie prime alimentari. In alcuni casi eclatanti la notizia ha conquistato spazio anche sui media nazionali, come per i rialzi di prezzo messi a segno dal cacao o dal latte, anche in seguito agli allarmi di Confartigianato.
In attesa di capire quelli che saranno i reali effetti dei dazi, però, possiamo dire che il quadro nel suo complesso è senz'altro eterogeneo, con movimenti differenti fra le varie materie prime.
In molti casi i massimi sono stati raggiunti nel 2022-2023 e successivamente abbiamo visto correzioni dei prezzi.
Per esempio, lo zucchero – dopo aver più che raddoppiato il suo valore fra il 2019 ed il 2023 – negli ultimi due anni ha perso dai massimi oltre il 30%, entrando di fatto in quello che dal punto di vista grafico possiamo definire un mercato ribassista.
Un altro esempio arriva dal mais che vale circa il 20% in più rispetto ai valori precedenti il Covid, ma dai massimi collocati in questo caso dopo lo scoppio della guerra fra Russia e Ucraina ha perso circa il 45%. Scenario simile per il grano, tornato su valori simili a quelli del 2019 (dopo essere più che raddoppiato nel 2021-2022).
Fra le materie prime agricole coloniali che nel 2025 hanno raggiunto i massimi storici troviamo invece, come detto, il caffè, con forti salite nei prezzi sia dell'arabica che della robusta, le due principali varietà.
Caffè da record: la salita delle quotazioni
Ripartiamo dalla distinzione fra arabica e robusta. L'arabica è la specie più diffusa, con piantagioni più delicate che crescono ad altitudini più elevate (fra gli 800 ed i 2.200 metri). È nota per un gusto raffinato ed un sapore relativamente dolce. Il primo produttore al mondo è il Brasile, seguito ad ampia distanza dalla Colombia.
La varietà robusta, come indica il nome, ha piantagioni più resistenti, con un sapore deciso, talvolta anche terroso ed amaro. Il contenuto di caffeina è più elevato. Le piante crescono in ambienti caldi ed umidi, come il Vietnam, ma anche Indonesia e India.
Andamento del prezzo del caffè

Perché sale il prezzo del caffè?
Quali sono le ragioni che spingono al rialzo le quotazioni? Potremmo dire che sono molteplici e si tratta sia di ragioni strutturali che congiunturali.
Da un lato pesa la carenza di offerta. Negli ultimi anni le piantagioni brasiliane (ma anche quelle di Venezuela e Colombia) sono state colpite da varie ondate di siccità e malattie. Per contro, dove si coltiva la qualità robusta si sono spesso registrate inondazioni.
Il tutto è avvenuto in una fase di crescente domanda della materia prima in particolare dal mercato asiatico (con il caffè che sta guadagnando quote rispetto al thè). A complicare lo scenario, poi, i dazi di Trump, che hanno determinato un incremento dei prezzi per l'import verso gli USA, aumentando le tensioni e le speculazioni in borsa. Va poi ricordato come alcuni paesi – soprattutto l'Europa – stiano introducendo normative più severe per il rispetto dell'ambiente, limitando l'import da alcune aree che non rispettano gli standard richiesti.
Complessivamente si è quindi verificata una riduzione delle scorte nei magazzini globali, spingendo gli investitori a puntare su ulteriori rialzi del prezzo.
Succo d'arancia e cacao
Fra le materie prime più discusse di questi ultimi anni troviamo anche il succo d'arancia ed il cacao, entrambe protagoniste di vertiginosi rialzi, poi – ma soltanto in parte – riassorbiti dal mercato. Ad accomunare la salita di queste due materie prime troviamo cause climatiche ed una certa dose di speculazione in borsa.
Per quanto riguarda il succo d'arancia le maggiori aree produttive del Brasile sono state interessate da forti siccità, con temperature nettamente sopra la media, compromettendo la fioritura e la formazione dei frutti. La Florida, principale paese produttore negli USA, ha invece subito una serie di uragani, con un notevole danneggiamento delle piante.
Una patologia delle piante, chiamata inverdimento, ha fatto il resto, danneggiando gli aranci e riducendo sensibilmente la produzione.
Complessivamente, la salita di prezzo del succo d'arancia non è stata determinata da un aumento della domanda – che resta stabile – ma da un calo dell'offerta.
Andamento del prezzo del succo d'arancia

Come detto, anche le piantagioni di cacao sono state fortemente danneggiate da cause climatiche. Costa d'Avorio e Ghana, che producono circa il 60% del totale su base mondiale, si sono trovate alle prese con malattie come il baccello nero e il virus dei germogli gonfi.
Anche in questo caso le condizioni meteo hanno complicato il quadro complessivo, con alternanza di forti piogge e siccità, che hanno danneggiato i raccolti.
Numeri alla mano, il prezzo del cacao è salito vertiginosamente, arrivando oltre i 12.000 dollari a tonnellata a fine 2024.
Il trend negli ultimi mesi è stato discendente, con un prezzo che sembra assestarsi sui 7-8.000 dollari per tonnellata.
Il calo è ancora più ampio per chi ragiona in euro, considerando la discesa della banconota verde degli ultimi mesi. Attenzione, però, perché il prezzo è ancora su valori più alti di circa il 70% rispetto ai valori di inizio 2024 e su valori più che tripli rispetto ai prezzi registrati fra il 2017 ed il 2022, quando oscillava fra i 2.000 ed i 2.500 dollari per tonnellata.
Andamento del prezzo del cacao

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