L'indice Rt aggiornato al 5 gennaio è: 0,90 (0,71-1,10). L'intervallo di confidenza elevato conferma i problemi di rilevazione tipici dei periodi di pausa. L'ultimo valore pubblicato di Rt ufficiale è, infatti, 0,83 relativo al 20 dicembre. Nel frattempo, tra il 20 dicembre e oggi, la diffusione ha toccato un picco a 1,12 il primo gennaio scorso.

L'indicazione del nuovo Governo di non rendere più disponibili giornalmente, ma settimanalmente, i dati relativi ai contagi Covid, è un passo indietro rispetto alla qualità e alla tempestività dei numeri disponibili. Sinceramente, non si capisce l'utilità di una scelta che arriva in un momento in cui in Italia si afferma sempre più l'autogestione del contagio da parte dei singoli, il che rende ancora più complicato un quadro chiaro sui numeri dei casi.

L'andamento
L'andamento
Fonte: Mondo Economico 2023

Nonostante questa variazione nella diffusione dei dati e le difficoltà di elaborazione che questa nuova periodicità comporta, abbiamo deciso di riprendere la nostra analisi, con una cadenza mensile, per continuare a portare il nostro contributo per un quadro il più reale possibile. Certo, in questo periodo le notizie più preoccupanti arrivano dall'estero, dagli Stati Uniti, ma soprattutto dalla Cina, dove la situazione pare sempre più fuori controllo. In Italia, però, è necessario riaffermare l'importanza di un monitoraggio in tempo reale e non con dati somministrati con il bilancino.

I motivi della preoccupazione

In primo luogo, ci troviamo di fronte a dati impigriti, come se non fossero già stati sufficientemente pigri in epoche precedenti. La qualità del dato rimane la stessa, il tipo di dato rimane lo stesso, ma è disponibile soltanto una volta alla settimana (riferito, se va bene, a quindici giorni prima, ecco perché parliamo di pigrizia del dato). Sicuramente questo riflette il minor interesse generale sul tema, ma non ha senso che a dettare la regola sia il sentiment dell'opinione pubblica.

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È innegabile che si stia affermando sempre più la tendenza all'autogestione del contagio, il che significa dati che non emergono perché non sono ufficializzati.

In questo modo il dato assoluto, che viene reso noto settimanalmente, è ulteriormente debole perché sconta la scelta del singolo individuo di dichiarare o meno il suo caso. Si tratta di un dato, che se non è casuale, sfiora certamente la casualità, perchè non dipende da regole, ma dalle decisioni delle persone.

L'importanza dell'indice

L'indice Rt, lo abbiamo sempre sostenuto, è importante perché trasforma un dato debole rispetto alle oscillazioni di comportamenti individuali in un dato un po' più robusto. Infatti, è una comparazione giorno su giorno e, in questo senso, la variazione di singole scelte, nelle 24 ore, non potrà certo essere così catastrofica. L'Rt nel breve periodo dà certamente un andamento credibile della percentuale di contagio. Il nostro grafico, inoltre, porta in aggiunta un'indicazione di errore, che misura proprio la stabilità o meno sia del comportamento degli individui, sia della capacità di raccolta dei dati del Sistema Sanitario.

Le stime
Le stime
Fonte: Mondo Economico 2023

Il secondo motivo per cui, a nostro giudizio, sarebbe utile un monitoraggio più continuo, sono le recrudescenze del virus in altri Stati, in particolare Cina e Stati Uniti. Bisognerebbe, infatti, richiamare l'attenzione su un particolare tipo di dato, che è scomparso da parecchi mesi, prima ancora delle decisioni di modifica della gestione dei dati del nuovo Governo: è la classificazione dei casi tra locali ed i cosiddetti importati dall'estero.

Di tutti i casi, che registriamo oggi, quanti sono generati localmente e quanti quelli arrivati con un aereo, una nave o, comunque, da fuori? La conoscenza di questo dato è molto importante, lo dimostra il fatto che nei momenti di picco più alto, gli effetti della correzione erano talmente significativi da far cambiare le stime di indice Rt di 0,2, 0,3 ed addirittura 0,4.

Davvero si tratta soltanto più una influenza?

Non si capisce il motivo di smettere di monitorare quotidianamente i numeri di casi. Non può essere certo per una ragione economica: i costi non sono così elevati e  certamente le infrastrutture pubbliche hanno a disposizione quel minimo di risorse per continuare ad annotare 25 dati al giorno, uno per regione e fare calcoli un po' più frequenti. Anche perché la vulgata «abbiamo trasformato il virus in un'influenza» fra qualche mese rischia di non essere più corredata da alcuna evidenza scientifica: se questo è il trend di gestione, ce li saremo dimenticati completamente, se questo è il trend di gestione.

Chi ci dice, infatti, che tra un mese i dati non saranno pubblicati una volta al mese o anche di più?

A quel punto parleremo del Covid più o meno a caso. Questo è il vero rischio.

E non si tratta, infine, neppure di favorire o meno atteggiamenti allarmistici. Abbiamo sempre sostenuto, anche nei momenti più critici, una posizione contraria alle norme di chiusura irrazionali che abbiamo dovuto subire. Questo però non significa favorire irrazionalità in un'altra direzione, ossia tutti liberi di fare quello che si vuole. È necessario, anche in questo momento, un controllo puntuale, che permetta di affrontare il virus con determinate misure in modo molto razionale, molto controllato, sapendo che non bisogna arrivare ad eccedere e chiudere tutto, perchè il rischio è di scatenare nella popolazione l'effetto contrario.

Esattamente quello che abbiamo visto negli ultimi mesi. I vaccini compiono il loro dovere: quindi, siamo più protetti. Sul fronte dei ricoveri giornalieri, infatti, si osserva un andamento sostanzialmente scorrelato dall'andamento della diffusione, a conferma della riduzione complessiva della pericolosità del virus.