Soumahoro non è un proletario, sua moglie veste Prada, sua suocera fattura come Jeff Bezos e io sono un boccalone.
Ho un bias cognitivo. Continuo ostinatamente a pensare che chi dice di essere di Sinistra (con la S maiuscola), sia più o meno come me: un precario nullatenente figlio di un ex operaio Fiat che quando arriva la quarta settimana del mese e il conto corrente non è in rosso, esulta come Marcel Jacobs alle Olimpiadi.
Invece no.
Più si collocano politicamente a Sinistra più iI loro ISEE è rigoglioso.
Persino colui che ai miei occhi era il “novello Di Vittorio”, il mitico Boubakar, fulgida espressione di una nuova Italia figlia dell’immigrazione dal sud del mondo, non ha problema alcuno ad arrivare alla fine del mese. Kein problem.
La delusione per questo scandalo molto all’italiana nella forma e nella sostanza, è grande. In verità sono più incazzato con me stesso che con l’apparente inconsapevole Soumahoro.
Dovrei smetterla di pensare che gli autoproclamati comunisti siano i buoni che capiscono i poveri perchè si ritengono culturalmente eredi del lumpen proletariat dei tempi che furono. Non è così, non lo è più. Da un pezzo.
Si dicono rivoluzionari, ma solo sui social prima di andare al corso di tennis al Circolo. Dicono di essere marxisti, pronti alle barricate, ma la loro vita è protetta, agiata, sicura, circondata da decine di diritti acquisiti inviolabili. Ufficiali che con un bicchiere di brandy in mano, seduti su una comoda poltrona di un confortevole salotto, descrivono contriti la vita di trincea dei loro soldati.
Questo assioma vale sempre? Certo che no, ma vale spesso. Troppo spesso.
Tra i miei contatti social ce ne sono diversi che si dichiarano di Sinistra o addirittura comunisti, che mi impartiscono periodiche piccate lezioni di buona politica.
«Tu sei di destra», mi rimproverano. E questo perché ho perso ogni fiducia nel Pd riversandola su Azione. Voglio dire … Carlo Calenda, non Pino Rauti, ma vabbè, che gli devi dire a questi? Nulla. Li compatisci, provi a ignorarli, attendi che la storia faccia il suo corso.
Ciò che però mi manda davvero ai matti non è che loro mi considerino di destra (ci mancherebbe), ma che pensino davvero di essere di Sinistra perché citano alla perfezione qualche passo di Antonio Gramsci (sempre sia lodato) o hanno letto tutto Das Kapital, pur avendo uno stile di vita degno di un cortigiano di alto rango.
Sono per lo più pensionati oltre i 2.000 euro/mese, docenti universitari, intellettuali di peso, funzionari pubblici, politici stipendiati anche da me. Oppure dipendenti dello Stato di lungo corso, con carriera a scatti e pensione assicurata. Loro difenderebbero i poveri, io no. Perchè ho votato Calenda.
Odio di classe? Semplice invidia? Forse no, almeno credo di no, ma la fatica di vivere che mi ha accompagnato per un decennio (e che ancora inevitabilmente mi accompagnerà) pesa eccome sulla capacità di giudizio. Ne sono consapevole.
La vicenda di Soumahoro, la sincera felicità con la quale ho accolto sia la candidatura che l’elezione, grida vendetta.
L’onorevole ivoriano ha calpestato la causa per la quale ha sempre lottato, ha dimostrato di essere totalmente inadatto alla politica, di non avere nè la stoffa, nè la caratura morale necessaria.
Essere di Sinistra, comprendere la precarietà, cercare una soluzione per chi è in difficoltà, realizzare equità fiscale e giustizia sociale, sono cose serie. Serissime. Non bastano gli stivali di gomma, il pugno chiuso, conoscere a memoria Contessa di Pietrangeli, chiamare compagna o compagno gli amici di una vita. Per capire la povera gente, devi farti (almeno un po’) povero anche tu.
I poveri ricchi non lo sanno fare.
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