Termine orribile e odiosamente burocratico: carico residuale. Lo abbiamo appreso in queste settimane, grazie all'eloquio forbito del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. Ma non intendo parlarvi di naufraghi, sbarchi e immigrati e della pietà umana che abbiamo smarrito. Vorrei giocare sul termine per stigmatizzare l'uso ormai spavaldo in politica dell'incarico residuale. E cioè dell'impegno nelle istituzioni, per tutti i cittadini dunque, che diventa residuale rispetto al tornaconto di partito.
Ne è abile recordman da sempre il ministro Matteo Salvini, che è pure vicepresidente del Consiglio: non perde mai l'occasione di rivelarsi pesante e insopportabile sui social nel rivendicare meriti e successi di parte.
Una gara squallida, da cui non sono indenni - tuttavia - gli altri decisori pubblici.
Parlo così dell'ex presidente Giuseppe Conte, delle sue manfrine sul condono di Ischia, del Pd che non lo rintuzza in vista delle elezioni regionali prossime venture, della classe dirigente che non verifica, se non dopo, le ombre di Aboubakar Soumahoro.
Ce n'è per tutti, purtroppo. Pochissimo, invece, per l'Italia e le sue istituzioni.
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