4. Va notato che non è ben chiaro quali siano gli orientamenti politici di quel terzo di italiani che non si mettono in gioco pensando alla politica, quasi la cosa non li riguardasse.


La ricerca dice che sono equamente ben distribuiti fra gli schieramenti. Vi sono gli autoritari di destra, i dirigisti di sinistra, gli ineffabili cultori del realismo politico, i frequentatori a tempo perso dei centri sociali, le persone che non sanno quello che dicono e l’hanno sparata grossa. Ammettiamo, per fallibilismo, che tra loro ci sia anche un saggio, uno che abbia capito molto meglio di tutti noi il senso dell’agire politico. Ma francamente ne dubito.


Tenendo i piedi per terra, a leggere i commenti e a valutare gli atteggiamenti di questi ultimi giorni, pare proprio che tra gli italiani geostazionari vadano annoverati anche quei liberali che gioiscono dell’origine non elettiva del governo attualmente in carica, sostenendo che questo governo non sarebbe stato di questa (elevata) caratura se fosse passato per le urne. Se i mercati (e gli autocrati del governo monetario europeo) ci avessero concesso, nel dopo-Berlusconio, di andare alle elezioni, non avremmo avuto governo migliore. Anzi, se questo governo è quello che è (un miracolo in quanto a competenza e credibilità istituzionale) lo si deve al fatto che, avendone scelto il Capo direttamente il Presidente della Repubblica, si è riattivata quella parte della Costituzione che discende direttamente dallo Statuto Albertino del 1848. È il Presidente/Re che sceglie il Primo Ministro. Il Primo Ministro non è eletto dal popolo.


La (cosiddetta) Seconda Repubblica si era differenziata dalla prima proprio su questo punto. Ora la Seconda Repubblica è morta.


Ma ecco le domande - tutt’altro che geostazionarie - che ne derivano: hanno dunque ragione quei liberali che dicono che mai avremmo avuto un governo così eminente se ci fossero state le elezioni? Non c’è quindi differenza alcuna fra governo democratico e governo autoritario se l’autorità che sceglie il governo è benigna e agisce nell’alveo del dettato costituzionale?


Temo che la risposta sia no. La differenza c’è, eccome, per i liberali, o almeno dovrebbe esserci. Ma purtroppo questa rischia di essere oggi una visione “di principio”, una linea teorica. Per noi che viviamo la politica come senso dell’agire quotidiano, le urne sarebbero state improponibili, stante la condizione di assedio finanziario che la speculazione internazionale ha posto in atto negli ultimi mesi.
Auguriamo, quindi, buon lavoro al nuovo governo del Senatore Professore e speriamo che possa realizzare quelle riforme di cui il Paese ha bisogno per resistere all’assalto. Ma come liberali rimaniamo imbarazzati di fronte ad un fallimento sistemico senza precedenti, la cui portata è ancora tutta da valutare.