1. Il 7 novembre scorso sono stati divulgati i risultati di un sondaggio commissionato da La Repubblica a Demos e Pi, l’istituto di rilievi demografici di Ivo Diamanti.


Anche se il 67,7% degli italiani ritiene che la democrazia sia preferibile a qualsiasi forma di governo, il 22,7% dichiara che non percepisce alcuna differenza fra governo democratico e governo autoritario mentre il rimanente 9,9% ritiene addirittura che “in alcune circostanze un regime autoritario può essere preferibile al sistema democratico”.
Pertanto, a far di conto, un italiano su tre, per motivi diversi, non coglie la differenza fra democrazia e governo autoritario. Il dato è sconfortante e dovrebbe preoccupare non poco.

2. Chi non trova differenze di rilievo fra democrazia e tirannide non accetterebbe mai di essere tiranneggiato nella propria vita personale. Lo do per scontato, è nella natura umana. L’italiano su tre che ritiene l’autoritarismo indistinguibile dalla democrazia non rispondeva al questionario mettendo la propria persona in gioco. Non intendeva dire che preferirebbe essere tiranneggiato piuttosto che essere libero. Filosofeggiando, intendeva dire che “in linea di principio” non esiste, date talune circostanze, differenza fra i due “sistemi di governo”.
Ed è proprio la “linea di principio” teorica che interessa. Se di linea si tratta, dove inizia? E dove finisce?


La mia tesi è la seguente: l’inizio e la fine di questa linea sono il riflesso logico della crisi italiana. In una parola: il problema.