Su questo, ho qualche dubbio; e non solo per l’autentica, e già ricordata, secessione culturale effettuata in questa occasione da gran parte del Sud. Diciamo piuttosto che soprattutto il magistero di Napolitano ha forse incuneato, in una società sempre più atomizzata e priva di quei riferimenti culturali e strategici che prima venivano forniti, bene o male, dai partiti della Prima Repubblica, il dubbio che stare insieme convenga. Il costo delle misure rese necessarie dall’emergenza economica (e che evidentemente la politica, in tutte le sue sfumature cromatiche, non era in grado di assumere per i condizionamenti delle rispettive, potentissime constituencies) farà forse riflettere sul fatto non tanto che i sacrifici vadano ripartiti, ma che la sommatoria degli egoismi collettivi non può fare un destino comune.
Da questa consapevolezza, potrebbe nascere un approccio diverso alla politica; e il recupero di una maggiore attenzione verso tradizioni culturali, come quella liberale, che insistono, nonostante le caricature, sulla responsabilità personale, l’autonomia delle articolazioni sociali e il dispiegarsi dell’iniziativa individuale. Ma non aspettiamoci questo sforzo dai partiti: sarà la società civile per prima a doversi misurare con la sfida di elaborare una piattaforma ideale e di selezionare una nuova classe dirigente.
Prendiamolo come un augurio per il 2012.
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