Può essere che l'imminente fine settimana dell'8 dicembre venga scelto come occasione per un'altra prova di forza, e può essere che non accada. Nel primo caso, si potrà almeno essere certi che le forze dell'ordine faranno tutto quello che devono e magari di più ("lavoriamo come se non ci fosse domani", abbiamo sentito dire da uno dei responsabili: in queste condizioni si cerca, giorno per giorno, di evitare che capiti il peggio e ogni giorno che passa senza che sia capitato nulla è un giorno guadagnato).

Ma se non accade questa volta, accadrà inevitabilmente un'altra. Anche perché le manifestazioni contro la TAV potrebbero rappresentare un ottimo pretesto per coagulare ed esprimere dissenso violento rispetto ai sacrifici economici e ai tagli alla spesa pubblica.

Torniamo così al punto da cui eravamo partiti. Come lo smantellamento di posizioni di privilegio e di rendita che si sono create in trent'anni richiederà al governo Monti ben più di una manovra economica (ma è la condizione perché le manovre siano efficaci e percepite come eque), così la ricostruzione di un clima di convivenza civile in Valle di Susa richiede ben più che una presenza di polizia efficiente e responsabile.

Disintossicare l'aria, disperdere i veleni accumulati, come quando il vento di föhn scende dalle montagne e spazza via la nebbia sporca dalla val padana: questo è necessario fare – a prescindere, e lo diciamo a scanso di equivoci, da qualunque opinione legittimamente si nutra sull'utilità o opportunità dell'opera. E perché ciò avvenga, sarà importante la consapevolezza del neo ministro degli Interni, Anna Maria Cancellieri, ma sarà importante soprattutto che venga ascoltato l'appello del premier Monti alla responsabilità condivisa e alla non compromissione del futuro.