Nel caso dell'Europa, i paesi meno indebitati potrebbero aiutare quelli indebitati a ridurre il proprio debito. I paesi europei meglio messi dovrebbero tagliare per meno di un quarto il proprio debito, quelli messi peggio della metà. In caso di Unione economica, il sacrificio medio richiesto a un cittadino dell’Unione per la stabilizzazione dei debiti, pubblici e privati, equivale a circa il 30 per cento della sua ricchezza finanziaria netta, o a un aumento annuale della pressione fiscale sul PIL che produca un pari gettito entro un arco di tempo ragionevole (10 anni?). L’Unione economica rappresenta una via efficace per risolvere i problemi della stabilizzazione finanziaria, ma non è una via senza costi, sia per i paesi più che per quelli meno indebitati. In ogni caso, non c’è una soluzione credibile che passi per far pagare il conto solo ai paesi più indebitati. L’Europa si metterebbe in questo caso su una strada di crisi ripetute.

In questo contesto, l'Italia è un paese sul quale le puntate dei ribassisti dei BTP sono state probabilmente eccessive. A conti fatti, il risanamento del debito italiano richiede sacrifici fiscali che non sono così gravosi se spalmati su molti anni.

Il successo della stabilizzazione dipende tuttavia da diversi elementi: la qualità della politica economica, la qualità e rapidità del processo di unificazione economica europea, e infine un po’ di fortuna, come quella che gli Stati Uniti riescano a evitare il double dip.