Il provvedimento di riforma del sistema pensionistico in Russia ha ricevuto pesanti critiche e ha prodotto mobilitazioni di massa che mancavano dagli anni novanta

Una decisione difficile, ma necessaria”: queste le parole usate il 3 ottobre 2018 dal presidente russo Vladimir Putin a proposito dal provvedimento da lui firmato, con cui è stata innalzata la soglia dell'età pensionabile nella Federazione Russa. Il provvedimento di riforma del sistema pensionistico ha ricevuto pesanti critiche da tutte le formazioni politiche– ad eccezione di Edinaja Rossija (Russia Unita), il partito di governo - e ha prodotto mobilitazioni di massa che nella Federazione Russa mancavano dagli anni novanta.
Nelle scorse settimane (e negli scorsi mesi) le proteste si sono rivolte anche ai gravi problemi legati ai tagli alla sanità pubblica, che colpiscono in modo particolare le aree lontane dai principali centri urbani.

Il progetto di riforma approvato dalla Duma ha introdotto un aumento immediato dell'età pensionabile da 60 a 65 per gli uomini e da 55 a 60 per le donne: la mediazione di Putin ha differito l'ulteriore aumento dell'età pensionabile previsto per le donne - 63 anni – al 2034.  I primi ad essere interessati dal provvedimento saranno gli uomini classe 1960 e le donne classe 1959, che dovranno aspettare un anno per ricevere la pensione.
Oltre a modificare il sistema di capitalizzazione delle pensioni il provvedimento ha portato con sé un aumento dell'Iva, passata dal 18 al 20 percento: una misura che, secondo il primo ministro Medvedev,  finanzierà gli aumenti delle pensioni - di circa il 20 percento - entro il 2024.
Putin ha spiegato di ritenere necessario l’aumento dell’Iva a causa del calo delle esportazioni di idrocarburi verso l'Europa occidentale (Figura 1 e Figura 2), e quindi delle risorse finanziarie che le istituzioni federali sono in grado di destinare alla spesa sociale.
Approvando l'impopolare piano di innalzamento dell'età pensionabile l'esecutivo di Medvedev e la presidenza di Putin non hanno mancato di dimostrare un'attenzione specifica alle forze armate: queste ultime non state infatti interessate dall'innalzamento dell'età pensionabile, anzi andando a beneficiare di un piccolo aumento sulle pensioni percepite. La volontà di escludere le forze armate dall'aumento dell'età pensionabile ha certamente delle ragioni operative. Non meno importanti appaiono, però, le ragioni politiche legate al consenso e al sostegno dei membri delle forze armate: un elemento che ha un forte valore nell'odierna Federazione Russa.

Le reazioni di migliaia di cittadini russi all'innalzamento della soglia dell'età pensionabile hanno evidenziato la debolezza delle politiche sociali del governo Medvedev. La riforma ha contribuito ad accrescere la già diffusa sfiducia nei confronti del sistema politico, in particolare riguardo agli affari interni. Non a caso, conscio della scarsa fiducia di cui gode il sistema partitico, Vladimir Putin aveva scelto di presentarsi alle scorse presidenziali come candidato indipendente, cercando di slegare quanto più possibile la propria figura dal partito Edinaja Rossija (Russia Unita).
Il KPRF (Partito comunista della Federazione Russa) di Gennaji Zjuganov è apparso come la forza  politica egemone all'interno delle mobilitazioni di protesta contro il provvedimento varato dalla presidenza. Una parte consistente del consenso elettorale di cui gode il partito di Zjuganov è espressione di pensionati e di lavoratori prossimi all'età pensionabile: per ovvie ragioni è proprio tra questi ultimi che si è diffuso un grave malcontento e non a caso i toni utilizzati dalla dirigenza del partito di Zjuganov sono stati più duri del solito.
Nel fare un bilancio complessivo delle politiche sociali di cui Putin si è fatto interprete non si può far a meno di rilevare una notevole discontinuità con quelle che, nel corso degli anni novanta, hanno contraddistinto l'era Eltsin. Gli effetti della “terapia shock” eltsiniana si contarono in centinaia di morti di freddo, nella miseria di un paese ridotto alla fame, minacciato dal separatismo etnico-religioso, dalla guerra e dalle scorribande dei criminali. Secondo le statistiche ufficiali, tra il 1987 ed il 1988 la popolazione russa che viveva al di sotto della soglia di povertà era pari a circa il 2%: tra il 1993 ed il 1995 viveva al di sotto della soglia di povertà ben il 39% dei russi. Bastarono cinque anni per fare sì che i circa due milioni di poveri del 1987 diventassero oltre cinquantasette milioni


Nella Federazione Russa, dopo il collasso sovietico, il rapporto tra persone lavorativamente attive e pensionati è andato a livellarsi in favore di questi ultimi, rivelando dunque un notevole calo dei cittadini in grado di versare contributi per il sostentamento della popolazione lavorativamente non attiva. Secondo i dati di Rosstat (Figura 3) – il servizio nazionale di statistica della Federazione Russa – l'aspettativa di vita media per le donne russe è 77,6 anni mentre per gli uomini si attesta a 67,5 anni: ne consegue che, con il sistema che la riforma ha fatto entrare in vigore, un uomo con un aspettativa di vita pari alla media odierna riceverebbe la pensione solamente per circa due anni. Rosstat, al contrario, prevede una crescita rilevante dell'aspettativa di vita, che nel 2029 arriverebbe a ben 75,5 anni per gli uomini e a 83,4 per le donne (in linea con i valori di Spagna, Italia, Germania, Francia ed altri paesi occidentali). A parere di alcuni, quello dell'innalzamento dell'aspettativa di vita non sarebbe che un argomento utilizzato per giustificare strumentalmente l'innalzamento dell'età pensionabile: secondo alcuni studi, come quello dell'esperto di demografia Anatolij Vichnevskij, nei prossimi decenni l'aspettativa di vita nella Federazione Russa sarebbe destinata a rimanere stabile sui valori odierni.

Nel valutare le conseguenze dell'aumento dell'Iva e dell'innalzamento dell'età pensionabile va considerato che nella Federazione Russa – come del resto succede in Italia ed in altri paesi – sono già numerosi i pensionati che proseguono l'attività lavorativa per aumentare seppur di poco la propria disponibilità economica, e non di rado per sopravvivere (Figura 4). Secondo i dati ufficiali nella Federazione Russa oggi la povertà coinvolgerebbe almeno 13 milioni di persone: secondo altre stime il numero sarebbe quasi doppio, arrivando a 35 milioni di persone.
A conferma del’avversione al provvedimento ci sono i risultati dei sondaggi condotti dall'autorevole centro studi “Levada”, secondo i quali la popolarità di Vladimir Putin avrebbe subito una flessione notevole in relazione alla riforma del sistema pensionistico. Sempre secondo “Levada”, la riforma avrebbe inoltre contribuito ad aggravare la già profonda crisi di fiducia nei confronti del sistema politico e delle istituzioni.
Le proporzioni del risentimento popolare che avrebbe suscitato la riforma pensionistica erano ampiamente prevedibili. Del resto, anche il momento scelto dalle istituzioni per affrontare l'iter burocratico del provvedimento è stato tutt'altro che casuale: perfetta è stata infatti la sincronia con l'inizio del campionato del mondo di calcio tenutosi in Russia dal 14 giugno al 15 luglio 2018. Fin troppo evidente è stato infatti il tentativo di disinnescare un possibile dilagare delle proteste.
Le impopolari misure non hanno mancato di confermare le problematiche strutturali dell'economia russa. In termini generali, la dipendenza della Federazione Russa dalle esportazioni di risorse energetiche (Figura 5) - e dal valore che queste assumono nell'arena globale - condiziona il suo stato di salute ben più di quanto non lo condizionino le sue, pur problematiche, dinamiche demografiche (Figura 6).
Al netto di un rilevante calo del consenso per Putin, nell'odierna realtà della Federazione milioni di russi continuano a dimostrarsi inclini a trascurare il miglioramento delle proprie condizioni economiche in favore del prestigio internazionale del proprio Paese: un prestigio al quale la presidenza di Vladimir Putin ha dedicato ogni sforzo, raggiungendo risultati di rilevanza indiscutibile. Le debolezze strutturali dell'economia della Federazione Russa (Figura 7), tuttavia, sommate ad un processo di accentramento della ricchezza potrebbero indebolire la stabilità del paese accrescendo le tensioni sociali nel medio e nel lungo periodo.
Le difficoltà politiche del provvedimento hanno sottovalutato, da un lato, l'abilità di negoziatore di Putin, ma dall’altro, in mancanza di provvedimenti capaci di distribuire in modo adeguato le ricchezze smisurate concentrate nelle mani di pochi, il rischio di indebolire la Federazione Russia che si ritroverebbe così socialmente disgregata, oltre che impoverita.

I timidi provvedimenti adottati dalle autorità, riguardo l’adeguamento delle pensioni all’inflazione e alla soglia minima di sussistenza, appaiono ben lontani dall’’affrontare adeguatamente i problemi della povertà e della sfiducia nei confronti del sistema politico
Ben nota è la condizione di deficit permanente in cui il fondo pensioni della Federazione Russa si trova sin dal crollo dell'Unione Sovietica: un deficit strutturale, che avrebbe potuto essere risanato tassando la speculazione, le rendite milionarie e i patrimoni improduttivi:  l'esecutivo federale sembra aver agito con scarsa lungimiranza, forse per quieto vivere. La prospettiva della compressione dello stato sociale assume tuttavia connotati preoccupanti, configurandosi, oltre che come l'innesco di gravi tensioni sociali, come una ghiotta opportunità che la Federazione Russa mette alla mercé dei propri avversari.