Dopo una sospensione di quattro anni per via del covid, l’incontro annuale dei Brics si terrà dal 22 al 24 agosto a Johannesburg, in Sudafrica. L’ormai famoso acronimo fu coniato nel 2001 da Jim O’Neill, un economista di Goldman Sachs, per indicare quattro economie emergenti: Brasile, Russia, India e Cina. Queste, si pensava, avrebbero dominato l’economia mondiale entro la metà del secolo. Nel 2010 fu aggiunto il Sudafrica, completando appunto la sigla. In un caso abbastanza curioso, un termine inventato da parte di una delle banche simbolo del potere economico-finanziario occidentale spinse i governi in questione a riunirsi a margine di una riunione dell’Onu nel 2006; e poi a indire il primo incontro ufficiale nel 2009, in Russia. La volontà era di confermare le previsioni di O’Neill: fare dei Brics il nuovo centro del potere economico-finanziario, e poi magari anche politico, a livello mondiale.
Numeri impressionanti
Sulla carta, infatti, i Brics vantano dati impressionanti: rappresentano il 42% della popolazione mondiale, coprono un quarto della superficie terrestre, producono oltre il 20% del Pil, e detengono una quota simile del commercio internazionale. Su questa base, quali sono gli obiettivi di medio-lungo periodo dei Brics? E quali sono le effettive prospettive di questo blocco? Innanzitutto è bene chiarire di cosa stiamo parlando: si tratta appunto di un blocco, ovvero di un consesso dal basso grado di formalità istituzionale. Non c’è un ‘trattato’ dei Brics, una sede istituzionale, una burocrazia o un apparato permanente: per capirci, siamo molto distanti da un sistema come l’Onu, per non parlare dell’Ue.
Un'alternativa a Bretton Woods
Ciò non sembra un ostacolo per la formulazione di piani estremamente ambiziosi. Il comune sentire dei suoi membri manifesta chiaramente un’opposizione al sistema americano-centrico e a guida occidentale. Obiettivo dichiarato è la creazione di un sistema alternativo a quello fondato sulle istituzioni di Bretton Woods (come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, l’Organizzazione Mondiale del Commercio). Contestualmente, si pensa alla ridefinizione degli equilibri geopolitici a livello mondiale, espressa con una particolare enfasi su un futuro mondo multipolare - a differenza, quindi, del mondo unipolare a guida statunitense attuale.
R5, il sogno monetario
Nella visione dei Brics, primo passo verso questo progetto è una de-dollarizzazione dell’economia mondiale. Con un’altra sigla ad effetto, si è parlato di ‘R5’, ovvero una nuova valuta incardinata su Real brasiliano, Rublo russo, Rupia indiana, Renminbi cinese e Rand sudafricano. Una valuta comune come l’Euro non è attualmente pensabile; ma non sarebbe impossibile usare il R5 come unità contabile; e magari renderla una riserva valutaria. Al momento, vi sono tentativi sempre più frequenti di accettare monete nazionali (quindi non i dollari) come pagamenti di transazioni internazionali. Per esempio, la Russia ha accettato di vendere il proprio petrolio a Cina e India, dopo le sanzioni occidentali, ricevendo Renminbi e Rupie. Primi passi per liberarsi da quello che alcuni analisti dei Paesi interessati chiamano una ‘dipendenza psicologica’ dalla moneta verde.
Postura anti-occidentale e tentativi concreti di sfida al potere americano hanno poi sedotto molti Paesi di quello che viene definito il ‘Sud Globale’. Gli organizzatori dell’incontro di Johannesburg hanno parlato di oltre 40 stati interessati a partecipare. Molti di questi avrebbero intenzione di unirsi al gruppo in modo permanente. Non si tratta di Paesi di scarsa importanza: Argentina, Iran, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto, Repubblica Democratica del Congo, Cuba. Andando potenzialmente ad inglobare il potenziale economico, demografico, di risorse naturali e pura estensione territoriale di questi Paesi, i nuovi Brics parrebbero invero rendere il blocco occidentale una periferia.
Gli interessi divergenti
Tuttavia, un’analisi più attenta invita alla prudenza: i Paesi chiave dei Brics hanno storicamente interessi divergenti. Russia, Cina e India non si sono unite in un’alleanza formale perché gli sarebbe impossibile. Il blocco rimane poi al momento totalmente sbilanciato verso Pechino, che detiene il 55% del Pil, il 65% del commercio estero e finanzia il 50% delle spese militari: il che rende necessariamente guardinghe Mosca e Delhi, rivali nel medio-lungo periodo per la supremazia in Asia. Brasile e Sudafrica non hanno il peso politico (per deficienze economiche, demografiche, militari) per portare equilibrio. Pensare che i Paesi candidati ad entrare possano risolvere il problema, e non invece ulteriormente aggravarlo, è pura fantasia.
Tre considerazioni chiave
Questo giudizio dipende da tre considerazioni. Primo: i Brics ricordano molto il Movimento dei Paesi non Allineati scaturito dalla Conferenza di Bandung del 1955. Sorto come alternativa alla contrapposizione tra Mosca e Washington durante la guerra fredda, si rivelò incapace di conciliare gli interessi di Paesi tanto diversi come Indonesia, Jugoslavia, Egitto, e, appunto, India e Cina - i suoi principali promotori. Secondo: i Brics non hanno un progetto politico che vada al di là dell’opposizione all’occidente in senso lato e all’egemonia Usa in particolare. Non vi è un’ideologia che li possa accomunare, magari una declinazione in senso attuale della posizione anti- e post-colonialista di Bandung.
Anche ammettendo che tali ideologie siano soprattutto retorica, rimangono comunque necessarie per progetti politici che vogliono unire Paesi verso un obiettivo comune. Terzo: la maggioranza dei Brics, come dei possibili membri futuri, sono autocrazie. Tali regimi difficilmente formano alleanze funzionanti ed effettive: allergici al compromesso a livello domestico, traslano tale attitudine a livello di relazioni internazionali. Solo la presenza di un egemone, come lo era l’Urss ai tempi della guerra fredda per il blocco socialista, può ovviare a questo problema - di solito, con l’imposizione coercitiva della propria linea politica. Per quanto detto sopra, è altamente improbabile che Russia e India possano mai concedere alla Cina questo ruolo.
Due considerazioni dunque per concludere. I Brics hanno sicuramente la forza per porre una sfida seria all’ordine globale occidentale. Tale sfida può essere descritta come minaccia o nuovo inizio: dipende a chi si chiede. Ma una sfida non equivale a rimozione dell’ordine esistente; né, tantomeno, ad una sua sostituzione con un ordine alternativo incardinato sui Brics - qualsiasi cosa diverranno nel futuro prossimo.
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