Un’Italia perennemente al voto si prepara a una nuova tornata elettorale. A metà maggio oltre sette milioni di cittadini saranno chiamati alle urne per rinnovare quasi ottocento consigli comunali. Un test elettorale di un certo impatto dunque dopo quello di San Valentino che ha visto Lombardia e Lazio scegliere i nuovi governatori, tutti e due finiti al centrodestra. Si vota tra l’altro in un capoluogo regionale come Ancona e in diciassette capoluoghi di provincia.

Eppure le elezioni non sembrano comparire sui radar dei partiti. Tutti già al lavoro per la primavera del prossimo anno quando si andrà ai seggi per le Europee, vero test sullo stato di salute di ciascun partito grazie al sistema proporzionale. Poi forse a distrarre ancora di più leader di partito e no hanno contribuito gli ultimi sviluppi della politica day by day. A cominciare dal clamoroso autogol della maggioranza che sul Def è finita sotto alla Camera, mandando gambe all’aria lo scostamento di bilancio che avrebbe dovuto finanziare il decreto del Primo Maggio, da giorni sbandierato dal governo come evento simbolo.

In un modo o nell’altro in extremis tutto andrà a posto, ma la figuraccia resta tanto che la premier Giorgia Meloni in missione a Londra ha stigmatizzato l’accaduto con un «Questi non si rendono conto!». Ma davvero è così? Solo un incidente di percorso, frutto di inesperienza o, invece, un messaggio da qualche alleato a chi comanda? (Salvini forse potrebbe rispondere).

La votazione che giovedì ha certificato la sconfitta della maggioranza sul Def

Ma neanche nel centrosinistra c’è troppa attenzione per il voto amministrativo anche se i leader non rinunciano alla campagna elettorale. Elly Schlein continua a nascondere le carte sulle scelte chiave della sua segreteria mentre nuovi nomi allungano la lista dei Dem che hanno dato l’addio al Pd dopo la sua elezione. Silenzi tattici. Le uniche rivelazioni riguardano gli accostamenti dei colori del suo armadio suggeriti da una personal shopper (intervista a Vogue, ndr). Ma anche Giuseppe Conte, l’avvocato del popolo che ha rilanciato i 5 Stelle non spiega cosa intenda fare in futuro sul fronte delle alleanze, aspettando che Schlein compia la prima mossa.

Invece, è andato in pezzi l’accordo tra Italia Viva e Azione e anche se ora Carlo Calenda prova a rimettere insieme i cocci l’alleanza del Terzo Polo appare un progetto svanito seppure alle amministrative di metà maggio possa raccogliere soddisfazioni. L’ex socio Matteo Renzi appare più interessato a far campagna tra le fila del Pd che pensare al gruppo unico in Parlamento. Ecco, il prossimo voto amministrativo sembra rispecchiare questo quadro dove l’armonia tra le diverse anime politiche non è proprio di casa. Soprattutto nel centrosinistra. E’ lì che la bussola delle alleanze sbanda, fino a perdere la rotta. Come una pallina del flipper. Complice anche il periodo di interregno tra la segreteria Letta e la nomina a sorpresa di Schlein al timone del Pd. Gli accordi (e quelli mancati) sono anche figli di questo momento particolare, senza una direzione precisa in casa Dem.

Elly Schlein e Giuseppe Conte guidano rispettivamente il Pd e i 5 Stelle

È andata a finire così: in sei capoluoghi su diciotto (Brindisi, Catania, Latina, Pisa, Siracusa e Teramo) Pd e M5S si presentano insieme, con un candidato comune (a Brindisi sono i pentastellati a esprimerlo: Roberto Fusco, avvocato, sconfitto a settembre nel collegio uninominale per il Senato). Alleanza riproposta anche in 31 dei 110 comuni con più di 15 mila abitanti chiamati a scegliere un nuovo sindaco. Per contro Dem e Terzo Polo corrono insieme (con i 5 Stelle avversari con candidato) in tre grandi città (Brescia, Vicenza e Ancona) e in sette centri con più di 15 mila residenti.

L’agognato rassemblement del centrosinistra – ipotizzabile solo sulla carta perché certe differenze di obiettivi restano inconciliabili oggi come ieri – si realizza solo in due grandi comuni: Torre del Greco e Sestri Levante. È successo anche il contrario a Pomigliano d’Arco il paese natale di Luigi Di Maio, futuro inviato Ue nel Golfo: il candidato unitario del centrosinistra (Marco Iasevoli, capolista di una civica) si è ritrovato senza l’appoggio dei 5 Stelle – i primi a fare un passo indietro – e dei Dem.

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Il centrodestra, infine, si presenta compatto. Almeno, sulla carta. Con l’obiettivo di prendersi (o riprendersi) alcune grandi città. Compreso il sogno Brescia. Ma due mesi fa, ribaltando il voto della provincia, in città ha prevalso il centrosinistra, con il Pd in recupero. Proprio come è accaduto a Sondrio, altro capoluogo al voto tra due domeniche. Non proprio segnali incoraggianti per il centrodestra. Che ha nel mirino anche Catania dove i Fratelli d’Italia hanno imposto Enrico Trantino rispetto al pupillo di Musumeci Ruggero Razza per andare oltre la vittoria inciampo del 2018, con Salvatore Pogliese eletto sindaco e poi decaduto quattro anni dopo. Pd e 5Stelle puntano su Maurizio Caserta.

Una sfida aperta. Che forse si risolverà qui e altrove ai ballottaggi. E chissà che proprio il secondo turno non diventi l’occasione per Schlein di decidere dove vuole portare il Pd.