L’economia americana segna un altro punto a favore. L’inflazione a ottobre è scesa al di sopra delle attese degli analisti. I prezzi al consumo sono saliti del 3,2%, meno del 3,3% pronosticato alla vigilia. Su base mensile i prezzi sono rimasti invariati mentre gli osservatori scommettevano su un aumento dello 0,1%. L'indice core - al netto di energia e alimentari e quello monitorato dalla Fed - è salito del 4% su base annua, meno del 4,1% previsto dagli analisti, e dello 0,2% su base mensile. Dunque un nuovo dato positivo per l’Amministrazione Biden dopo quelli sul Pil (schizzato quasi al 5%) e sull’occupazione (al di sotto del 4% da più di 34 mesi).

E il risultato si è subito trasformato in carburante per le Borse americane, consentendo anche a quelle europee di riprendere con più vigore una seduta contrastata (tranne Milano, trascinata sin da subito dai bancari e in particolare Mps grazie al giudizio positivo di Fitch). Il motivo è semplice. Tra gli operatori si torna a scommettere su quando la Fed taglierà i tassi anche se il numero uno della banca centrale americana Jerome Powell (nella foto con Biden) solo la scorsa settimana non aveva escluso altri rialzi dei tassi se l’andamento economico lo avesse richiesto. Ma con l’inflazione sotto controllo e elezioni presidenziali sempre più vicine è assai difficile che la Fed tocchi ancora i tassi. Al rialzo. Diverso invece il discorso di una discesa. L’ipotesi è che il primo taglio possa avvenire già a marzo, a due danni di distanza dal primo di una serie di rialzi che hanno portato i tassi di interesse sopra il 5%.

A sbilanciarsi in questa direzione è il Fedwatch tool di Cme Group, società finanziaria che opera tra l’altro nello scambio di future. Le possibilità di un taglio dei tassi a marzo sono salite dal 10,5% a quasi il 27%. In pratica, un operatore su quattro. Non solo. C’è la convinzione tra i traders che il prossimo anno la Banca centrale americana ritoccherà i tassi (stavolta verso il basso) cinque volte.