Il tema delle migrazioni è complesso e necessita di un’analisi allargata alla situazione internazionale, per contestualizzare meglio un fenomeno con cui tutti i Paesi, non solo l’Italia, si stanno confrontando.
Il tema delle migrazioni, sempre più attuale nei dibattiti pubblici, è spesso analizzato da un punto di vista localistico, diventando in diversi casi oggetto di strumentalizzazioni. In realtà, il fenomeno è complesso e lo stesso termine, migranti, può indicare in modo indistinto persone accomunate dal fatto di trovarsi a vivere in paesi diversi da quello di nascita, ma distinte in quanto a motivazioni che le hanno spinte a migrare. Un’analisi allargata alla situazione internazionale arricchita da alcuni focus su specifiche categorie di migranti – per lavoro, rifugiati, dalla campagna alla città - permette di contestualizzare meglio anche a livello locale un fenomeno con cui tutti i Paesi, non solo l’Italia, si stanno confrontando.
Secondo i dati delle Nazioni Unite, i migranti nel mondo sono passati da 173 milioni nel 2000 a 222 milioni nel 2010 e a 244 milioni nel 2015, una crescita senza soste a un tasso dell’1,2% nel decennio 1990-2000, del 2,3% nel decennio 2000-2010, e sempre costante intorno al 2% nell'ultimo quinquennio.
Si aggiunge che, secondo i dati OCSE, 243 milioni di persone vivono fuori dal proprio Paese di origine: il 3,3% della popolazione totale mondiale, contro il 2,7% della popolazione del 1995.
Quasi due terzi di tutti i migranti internazionali vivono in Europa (76 milioni) o Asia (75 milioni). L’America del Nord ospita il terzo maggior numero di migranti internazionali (54 milioni), seguita da Africa (21 milioni), America Latina e Caraibi (9 milioni) e Oceania (8 milioni - Figura 1).
Nel 2015, il 67% di tutti i migranti internazionali vive in soli 20 Paesi: il maggior nucleo (47 milioni) si trova negli Stati Uniti, equivalente a quasi un quinto (19%) del totale mondiale. La Germania e la Russia ospitano la seconda e la terza maggiore comunità di migranti internazionali al mondo (12 milioni ciascuno), seguiti dall'Arabia Saudita (10 milioni).
L’OCSE ha inoltre studiato in dettaglio i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo (CCG - Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi): fin dal boom petrolifero degli anni ’70, questi Paesi hanno visto una crescita sostenuta dei migranti in ingresso, che attualmente costituiscono il 40% della popolazione, con picchi di quasi il 70% in Kuwait e di più dell’80% in Qatar ed Emirati Arabi (Figura 2). I sei paesi dai cui proviene la maggior parte dei migranti nell’area GCC sono asiatici: Bangladesh, India, Indonesia, Nepal, Filippine e Sri Lanka.
Distinguendo per genere, i dati ONU mostrano che a livello globale le donne sono poco meno della metà dei migranti internazionali – dal 49% nel 2000 al 48% nel 2015 – e superano gli uomini in Europa e America del Nord, mentre in Africa e Asia, soprattutto in Asia occidentale, i migranti sono per la maggior parte uomini.
La maggior parte dei migranti del 2015 proviene dall’Asia - 104 milioni, 43% sul totale – e dall'Europa: i Paesi del Vecchio Continente hanno contribuito al 25% dei migranti del mondo, per un totale di 62 milioni di persone; seguono America Latina e Caraibi (37 milioni, 15%) e Africa (34 milioni, 14%).
In diverse aree del mondo si verificano numerosi casi di migrazione tra Paesi “vicini”. La maggioranza dei migranti internazionali asiatici (60%, 62 milioni), europei (66%, 40 milioni), dell'Oceania (59%, 1 milione) e africani (52%, 18 milioni) vive in un altro Paese della stessa area di provenienza. Al contrario, la maggior parte dei migranti nati in America Latina e Caraibi (84%, 32 milioni) e America del Nord (73%, 3 milioni) vive in un Paese al di fuori della propria area di nascita (Figura 3).
A livello di singoli Paesi, nel 2015 l'India ha visto partire il maggior numero di cittadini al mondo (16 milioni), seguita da Messico (12 milioni), Russia (11 milioni), Cina (10 milioni), Bangladesh (7 milioni) e Pakistan e Ucraina (6 milioni l'uno).
I migranti per lavoro
Secondo i dati dell’ILO, nel 2013 150,3 milioni di persone hanno cercato lavoro in un Paese diverso dal proprio. I migranti lavoratori costituiscono il 4,4% di tutti i lavoratori del mondo, e il 72,2% sul totale dei migranti, 83,7 milioni di questi sono uomini (55,7% sul totale) e 66,6 milioni sono donne (44,3%).
Quasi la metà (48,5%) dei migranti per lavoro è concentrata in America del Nord ed Europa del Nord, Sud e Ovest, che ospitano il 52,9% di tutte le migranti lavoratrici donne e il 45,1% di tutti i migranti lavoratori uomini.
Gli Stati arabi hanno la maggior percentuale di migranti per lavoro sul totale della forza di lavoro locale: il 36,6%. In America del Nord si scende al 20,2% e in Europa del Nord , del Sud e dell'Ovest al 16,4%, seguiti da Asia centrale e occidentale (10%) ed Europa dell'Est (9,2%).
In altre regioni invece la proporzione dei migranti per lavoro è sotto il 2%: la quota minore, 0,6%, si trova in Asia orientale (Cina inclusa), seguita da Nord Africa, Asia meridionale (inclusa l'India) e America Latina e Caraibi (1%-1,5%). Nel caso dei Paesi dell’Asia, tuttavia, gli altissimi numeri di forza lavoro locale concorrono a rendere bassa questa percentuale (Figura 4).
I migranti rifugiati
I dati UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees) mostrano che il numero dei rifugiati nel mondo ha raggiunto i livelli più alti dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Il numero totale nel 2015 era stimato in 21,3 milioni, di cui 16,1 milioni sono registrati sotto il mandato di UNHCR, mentre 5,2 milioni sono i rifugiati Palestinesi registrati da UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East).
Le regioni sviluppate hanno ospitato 13,9 milioni di rifugiati, l’86% del totale mondiale, mentre i Paesi meno sviluppati hanno dato asilo a 4,2 milioni di rifugiati.
A livello di continenti, l’Africa ospita il maggior numero di rifugiati al mondo (4.413.500 persone, escluso il Nordafrica), seguita da Europa (4.391.400), Asia e Pacifico (3.830.200), Medio oriente e Nord africa (2.739.500) e America (746.800).
La Turchia è il paese che ospita il maggior numero di rifugiati al mondo (2,5 milioni di persone), seguita da Pakistan (1,6 milioni), Libano (1,1 milioni), Iran (979.400), Etiopia (736.100) e Giordania (664.100).
In Europa, la Germania ne ospita il maggior numero (316.100), seguita da Russia (314.500), Francia (273.100), Svezia (169.500), Regno Unito (123.100) e Italia (118.000).
Più della metà (54%) dei rifugiati del mondo proviene da soli 3 Paesi: Siria (4,9 milioni), Afghanistan (2,7 milioni) e Somalia (1,1 milioni). Libano e Giordania hanno il rapporto più alto al mondo tra numero di rifugiati e popolazione: 183 persone ogni mille abitanti il Libano, 87 persone la Giordania (Figura 5).
La migrazione verso le città
I dati dell’International Organization for Migration (IOM) portano l’attenzione sull’aumento della popolazione mondiale nelle aree urbane, che nel 2014 raggiungeva i 3,9 miliardi di persone – più del 54% della popolazione mondiale totale – e che si stima possa crescere fino a 6,4 miliardi di persone per il 2050 (Figura 6).
La regione Asia-Pacifico sta assistendo al maggior aumento della popolazione nelle città: i dati IOM mostrano che ogni giorno circa 120.000 persone migrano nelle città della regione, dove la popolazione urbana è aumentata di quasi 1 miliardo di persone tra il 1990 e il 2014: circa metà di queste persone (450 milioni) si trovano in metropoli cinesi. Si tratta di un trend di lungo termine, che mostra come la popolazione urbana della regione sia più che raddoppiata tra il 1950 e il 1975, e ancora tra il 1975 e il 2000, per arrivare, secondo le stime, a raddoppiare ancora tra il 2000 e il 2025 e raggiungere il 63% della popolazione totale mondiale nel 2050. Non cambiano di molto i dati di UNICEF, che raccontano come la popolazione urbana in Asia ammontasse al 31% della popolazione mondiale nel 1950, per salire al 50% nel 2010: la stima per il 2050 è più prudente: 54% della popolazione mondiale.
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