Lo scambio epistolare
La storia comincia il 5 agosto con una lettera inviata al nostro Paese dall'allora Governatore della BCE, Trichet, e dall'attuale Governatore, Draghi. Una lettera scarna in cui, in tre paragrafi, venivano indicate in estrema sintesi le riforme prioritarie per potere incrementare la competitività dell'Italia,
favorire la crescita e garantire perciò la solvibilità nel medio-lungo periodo, premessa indispensabile per ricevere aiuti nel breve termine (ricordiamo che era il periodo in cui la BCE cominciava ad acquistare i titoli di Stato italiani per sostenerne il prezzo e ridurre il tasso di interesse correlato).
I tre paragrafi erano incentrati su tematiche cruciali per il futuro dell'Italia:
• migliorare le potenzialità di crescita, con un programma di liberalizzazioni che riguardasse le professioni e i servizi pubblici locali, riformando il sistema – a oggi estremamente centralizzato - di contrattazione collettiva rendendo più flessibile il processo di inserimento/uscita sul mercato del lavoro;
• garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, riformando il sistema pensionistico e mettendo sotto controllo la spesa degli enti locali;
• riformare la pubblica amministrazione incrementandone l'efficienza e rendendola più business friendly.
Il precedente governo ha risposto con un documento piuttosto generico, in cui venivano descritti numerosi interventi, ma in cui erano poche le indicazioni puntuali su quali azioni sarebbero state esattamente intraprese e con quali tempistiche.
Proprio la scarsa incisività di questa risposta ha spinto le istituzioni europee (questa volta il promotore è stato il Commissario agli Affari Economici) ad inviare una seconda missiva di richiesta di chiarimenti. Questa seconda lettera contiene un allegato di 39 punti su cui vengono richiesti chiarimenti e maggiori informazioni sulle azioni proposte e sulla loro modalità di implementazione.
I 39 punti
Che la seconda lettera sia dettata dalla scarsa fiducia circa l'efficacia delle azioni che il governo italiano stava portando avanti è evidente fin dall'inizio, per almeno due motivi.
Il primo è che viene richiesta, per ciascun punto di attenzione, una precisa indicazione dello stato di avanzamento raggiunto (approvato dal Parlamento, approvato dal governo, in via di definizione, ecc...). Il secondo è che a fronte dell'assicurazione del nostro governo (due volte nella sola prima pagina) del raggiungimento nel 2013 del pareggio di bilancio, la lettera del Commissario europeo dice chiaramente le sole azioni prospettate non sono sufficienti e che servono altri sforzi.
Seguono i famosi 39 punti, ricollegabili in qualche modo ai macro-argomenti trattati nelle precedenti due missive, con la richiesta di fornire indicazioni più dettagliate.
Viene, in primis, affrontato il tema delle finanze pubbliche. Si richiede una riduzione della spesa pubblica, un piano riguardante le dismissioni triennali proposte dal governo, un piano di riduzione del debito pubblico, un'accelerazione sulla riforma delle pensioni (di anzianità), l'introduzione del vincolo di pareggio in bilancio nella Costituzione (vengono addirittura forniti alcuni suggerimenti quasi "sottobanco"); infine, è caldeggiato lo spostamento del carico fiscale dal lavoro ai consumi e al reddito immobiliare.
Successivamente, si affrontano quegli interventi necessari per creare condizioni più favorevoli alla crescita, riassumendo i punti cruciali riguardanti i due altri macro-argomenti già contenuti nella missiva di agosto: gli interventi per la crescita in sé e gli interventi volti a migliorare le performance della pubblica amministrazione.
Il livello di dettaglio delle richieste è piuttosto "spinto". Vengono chiesti chiarimenti su come si intendano utilizzare meglio i fondi strutturali europei, su come verrà riformato il comparto scuola/università per favorire la crescita del capitale umano, su quali interventi verranno attuati per la riforma del mercato del lavoro e per assicurare un adeguato livello di flessibilità. Si procede con le misure per la competitività (liberalizzazione delle professioni e dei servizi pubblici locali in primis) e le misure per favorire l'innovazione e l'imprenditoria. Si chiude con la questione pubblica amministrazione, con richieste di chiarimenti sulle misure per modernizzarla, sugli interventi per accelerare la giustizia civile e sulle riforme costituzionali in cantiere.
Un programma perfetto (ma di difficile attuazione)
I punti evidenziati dalle missive della UE costituiscono un programma di lavoro ottimale. Non a caso quasi tutti sono entrati a far parte del programma del nuovo governo Monti, chiamato a rimettere l'Italia su un sentiero di crescita.
Abbiamo già evidenziato su Agenda Liberale quanto la mancata crescita sia il problema fondamentale dell'Italia da almeno venti anni. E come la pubblica amministrazione sia carente e vada riformata. Entrambi i nodi sono difficili da affrontare.
I provvedimenti per la crescita sono, in gran parte, a costo zero. Liberalizzazioni delle professioni, dismissioni, messa sul mercato dei servizi pubblici locali... Sono però provvedimenti che incontrano da sempre grosse resistenze. Le liberalizzazioni sono ovviamente osteggiate da parte delle categorie professionali che perderebbero una rendita di posizione; dismissioni e liberalizzazioni dei servizi pubblici locali sono osteggiati dalla classe politica che perderebbe l'influenza su una parte del sistema economico che in Italia rimane decisamente grande.
Da questo punto di vista un governo tecnico, che non cerchi una ricandidatura e autorevole (come quello di Monti) può essere favorito nell'implementazione di misure di rilievo. Inoltre, il fatto di agire in una condizione di emergenza facilita sensibilmente il compito. Tuttavia, per quanto un governo sia composto di tecnici, necessiterà sempre di una maggioranza politica che ne appoggi l'iniziativa. La political economy ci insegna che è più facile implementare riforme all'inizio del mandato elettorale, in modo che i risultati siano visibili prima delle elezioni successive e in modo da non dover prendere provvedimenti impopolari in prossimità del voto.
I provvedimenti per l'efficienza della pubblica amministrazione hanno invece il problema di dare frutti solo nel medio-lungo termine. Possono però anche apportare benefici immediati nel momento in cui i mercati percepiscono che qualche riforma che avrà effetti positivi futuri sta per essere implementata. In questo caso, la credibilità e la capacità di chi propone le misure conta molto, e il governo di tecnici potrebbe essere avvantaggiato. Tuttavia, data la complessità di interventi di questo tipo, rimane l'incognita del tempo. Quanto ne avrà a disposizione il nuovo governo?
Tra free riding e dilemma del prigioniero
L'attuale scenario politico risponde a due capisaldi della teoria dei giochi, il free riding e il dilemma del prigioniero.
Il free riding (in soldoni "fare una corsa a scrocco") è la tipologia di comportamento tenuto dalla Lega. Se chiedete a un cittadino quanto è disposto a pagare per l'illuminazione delle strade, questi risponderà nulla. Sa, infatti, che il suo contributo non è discriminante e preferisce quindi lasciare che siano gli altri a pagare: tanto, non potendo vietargli di camminare per strada di notte, godrà comunque dell'illuminazione pagata dagli altri. Allo stesso modo, se la Lega fosse stata decisiva e avesse lasciato il Paese privo di governo e in piena instabilità finanziaria, si sarebbe presa una bella responsabilità. Ma siccome non è determinante, ha preferito tirarsi fuori, lasciando agli altri l'onere di scelte difficili e dissociando la propria immagine da un esecutivo che dovrà prendere decisioni impopolari.
Il dilemma del prigioniero lo "testeremo" strada facendo, soprattutto quando si avvicinerà la scadenza elettorale. A fronte di riforme che comportino sacrifici, sarà forte la tentazione, da parte di qualche partito, di tirarsi fuori. Il primo che lo farà godrà della maggior parte dei benefici politici in quanto potrà affermare di essere stato il primo a fermare l'adozione di misure impopolari. Più piccoli i partiti, meno influente il loro peso sulla tenuta della maggioranza, maggiori le possibilità che ciò accada, in quanto free riding e dilemma del prigioniero si "sommerebbero".
Insomma, il nuovo governo dovrà affrontare una situazione economica non facile in un contesto altamente instabile. Dovrà quindi proporre misure rilevanti, ma stando attento a non rompere equilibri molto instabili.
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