Si prenda Rick Perry. L’attuale governatore del Texas si è quasi bruciato la corsa alla presidenza. Nel lone star state non votano democratico da trentacinque anni, dal cruciale 1976. Allora, un candidato del profondo sud, il georgiano Jimmy Carter, con il suo accento lieve e molle, la retorica populista e ispirata, fu l’ultimo a conquistare al partito dell’asinello il grande stato americano al confine con il Messico.

Il Texas, Paese a fortissima immigrazione ispanica, Paese del ricorso generoso alla pena capitale, Paese dei petrolieri e dei condizionatori sparati a mille nel deserto rovente in barba al risparmio energetico, ha poi votato solidamente repubblicano. Tendenza conservatrice. Ma all’attuale governatore è riuscito un piccolo miracolo: farsi scavalcare da un afroamericano, Herman Cain, nel suo stesso terreno di battaglia. Si guardi la terrificante gaffe televisiva che ha infilato Perry nell’ultimo dibattito dei candidati. Nell’elencare “le tre agenzie federali che quando diventerò Presidente se ne devono andare”, è incorso in un vuoto di memoria che con sconcertante naïveté politica non ha saputo rimediare, appeso alla propria impreparazione come un qualsiasi studente liceale: “commercio, educazione, e... non ricordo. Hmm. Ops.”

“Ops” è diventata l’onomatopea di riferimento, l’avatar perfetto del governatore texano. Il capitombolo presidenziale di Perry, ultimo di una spirale implosiva che lo ha visto passare da grande promessa dell’area conservatrice a un probabile ritiro a breve, è solo uno dei molti incidenti nella corsa alla nomination del Grand Old Party.

Si comincia, insomma, a vedere un po’ di sangue nell’arena delle primarie. è bello e giusto che sia così, e c’è un momento, verso metà autunno, in cui ogni quattro anni questo accade. In una sorta di impietosa selezione darwiniana, a una a una, si estinguono le specie politiche, sui binari morti dell’evoluzione politica si fermano le speranze esauste e gli esperimenti abortiti. Come Ted Kennedy, che dopo aver cominciato una ruggente campagna contro Carter e nonostante la consumata abilità oratoria che gli veniva da anni di esperienza politica si trovò spiazzato di fronte al più semplice degli interrogativi: “perché lei vuole essere presidente?”. Rispose con esitazione e balbettanti mezze ragioni, si mise a parlare delle “grandi risorse naturali dell’America”, diede insomma l’impressione di non avere ben chiari i propri obiettivi e la propria vocazione.