L'Ecuador è un paese controverso, dipendente dal petrolio e dal dollaro, ma anche il primo a riconoscere nella Costituzione diritti alla natura uguali a quelli degli esseri umani

L'Ecuador è stato recentemente oggetto di grande attenzione mediatica per via della visita pastorale che Papa Francesco ha fatto in Sud America: l'incontro con il Presidente Correa, le messe oceaniche di fronte a migliaia - forse milioni - di persone, i messaggi su sviluppo, ambiente e futuro. Che Paese ha trovato Bergoglio? Proviamo a scoprirlo insieme.

Ex colonia spagnola e prima ancora parte dell'Impero Inca, l'Ecuador (Figura 1) ha capitale a Quito, si estende per circa 290.000 chilometri quadrati e conta una popolazione di 15,5 milioni di abitanti piuttosto giovane, con una età media di 26,7 anni (il 47,1% degli abitanti ha meno di 25 anni). È situato all'incrocio tra la linea equatoriale e la cordigliera delle Ande, ombelico del Sud America, ed è riserva di inestimabili biodioversità. Da un punto di vista naturalistico e paesaggistico, l'Ecuador infatti è famoso, tra le altre cose, nel mondo per l'Arcipelago delle Galapagos ed è considerato il "laboratorio dell'evoluzione" poichè fu una delle chiavi nella formulazione della teoria di Darwin nel XIX Secolo. Inoltre ricordiamo la presenza della Foresta Amazzonica e del Chimborazo, la vetta più alta delle Ande ecuadoregne chiamata "luogo più vicino al sole, alla luna e alle stelle", per essere la montagna – è all'Equatore - con la cima più distante dal centro della Terra. Natura ed Ecuador sono strettamente legati tanto che è il primo Paese a riconoscere nella Carta Costituzionale diritti alla natura uguali a quelli degli esseri umani.

La Natura è importante anche per l'economia nazionale: l'Ecuador è produttore ed esportatore ai primi posti per banane, cacao, rose, gamberi e tonno. Questi frutti della terra e del mare sono stati esposti per la prima volta in una Esposizione Universale all'Expo di Milano (si tratta infatti della prima partecipazione assoluta). Ma non solo: la Natura ha regalato al Paese anche l'"oro nero", il petrolio. Infatti, l'Ecuador è produttore ed esportatore di petrolio, grazie al quale sono generati circa il 25% degli introiti statali e il 50% delle esportazioni (è membro dell'OPEC). L'Ecuador possiede riserve accertate di greggio pari a 8,24 miliardi di barili, la terza riserva petrolifera del Sud America dietro Venezuela e Brasile. Il calo del prezzo del petrolio (Figura 2) negli ultimi anni ha causato non pochi dissesti in un Paese che stava uscendo dalla crisi del debito, che nel 2008 ammontava a circa 11 miliardi di dollari. Che fare? Non pagare, o almeno farlo solo in parte, come nel 1999 con l'allora presidente Mahuad, il quale tagliò parte del debito internazionale che allora ammontava a 15 miliardi di dollari e decise di aprire la strada della cosiddetta "dollarizzazione" (il dollaro USA infatti è la moneta nazionale da circa 15 anni).

All'inizio del suo primo mandato (gennaio 2007), l'attuale Presidente Rafael Correa decise di onorare solo il 30% di quel debito perchè contratto, a detta di una apposita commissione istituita dallo stesso, irregolarmente. La tesi fu la seguente: l'80% del debito è servito a rifinanziare il debito stesso e solo il 20% è stato destinato a progetti legati allo sviluppo. Venne inoltre stabilito che solo una parte residuale (il 20%) delle entrate ottenute dalla vendita del petrolio potesse essere utilizzata per pagare il debito (in precedenza era il 50%). In questo modo i fondi erano liberi per programmi di crescita e infrastrutture. Risultati ce ne sono stati, se guardiamo, tra i tanti indici, all'evoluzione del prodotto interno lordo (Figura 3), costantemente al di sopra della media dell'America Latina, alla riduzione della povertà (nel 2014 al 22,5% contro 35,1% nel 2008) e all'incremento del reddito pro capite (Figura 4). La disoccupazione è inoltre piuttosto bassa, al 5%, vicino ai valori "fisiologici".

Lo sviluppo del Paese è fortemente legato quindi al prezzo del greggio, fattore esogeno su cui poco l'Ecuador può fare. Se il prezzo si riduce, è necessario incrementare l'estrazione al fine di mantenere livelli accettabili di gettito statale che va a coprire, tra le altre cose, il welfare. Ed è per questo motivo che l'Ecuador ha stretto negli ultimi anni alleanze con diversi Paesi, tra cui la Cina, al fine di  sfruttare le proprie risorse – in cambio di cospicui prestiti per rimpinguare le casse statali - consentendo estrazioni petrolifere anche in Amazzonia (con tutte le consueguenze sulle biodiversità, le foreste e le popolazioni locali). Gli investitori internazionali sono piuttosto attratti dalla ricchezza di petrolio e in secondo luogo dagli interventi infrastrutturali promossi dal presidente Correa (Figura 5), nonostante l'Ecuador non sia al momento tra i Paesi al mondo più appetibili per gli investimenti diretti esteri (Figura 6).

Il tema dell'ambiente non è l'unico oggetto di attenzione negli ultimi mesi. Poco prima dell'arrivo del Pontefice, si sono susseguite manifestazioni di piazza (si è parlato addirittura di "sventato golpe") contro alcuni progetti di legge, proposti dal Presidente e poi ritirati, relativi alla tassazione sulle plusvalenze e all'imposta di successione. Il rallentamento della crescita del prodotto interno lordo a causa del calo del prezzo del petrolio e l'impossibilità di stampare moneta per via della dollarizzazione hanno messo il Presidente nella necessità di trovare nuove risorse, cercate anche tramite le due imposte sopra citate, ma è stata rivolta di piazza.

Se il prezzo del petrolio, vista la dipendenza del Paese da questa risorsa, non aumenterà, si intravvede un periodo non facile. L'Ecuador non ha la possibilità della leva monetaria in quanto ancorato al dollaro (il tema è molto attuale visto che la Banca Centrale ha da poco creato una moneta elettronica, il Sistema de Dinero Electrónico). Il sostegno allo sviluppo del Paese in questo momento difficilemente potrà venire dal surplus commerciale (Figura 7) in quanto da anni il Paese ha saldo zero. Non resta che aumentare l'indebitamento attraverso l'emissione di obbligazioni governative e la collaborazione con investitori internazionali (abbiamo citato la Cina) che spesso in cambio chiedono la facoltà di utilizzare le risorse naturali. Oltre a questo, non bisogna sottovalutare le recenti manifestazioni di piazza. In conclusione, il Presidente Correa ha definito recentemente il Paese come il "paradiso del buon vivere". Paiono dichiarazioni quantomeno ottimistiche, in una realtà così controversa. Forse si tratta di un paradiso, sì, ma per quanti?