Dopo le vacanze estive, lunedì 8 settembre è ricominciata la scuola anche nell’Emirato dell’Afghanistan. Alle elementari sono ammesse pure le bambine, a cui è però vietato proseguire alle medie. In tal modo, i talebani impediscono alle giovani donne l’accesso all’istruzione superiore e, di conseguenza, al mondo del lavoro.
Così vanno le cose nel 2025 nell’Afghanistan, la cui capitale Kabul, ancora negli anni settanta del secolo scorso, era denominata “la Parigi dell’Asia centrale” grazie a una vivace atmosfera culturale e alle aperture verso le influenze occidentali.
Oggi, viceversa, sono ancora in vigore le sanzioni internazionali, i cui assets sono stati congelati quattro anni fa, quando la coalizione guidata dagli Stati Uniti ha consegnato il paese ai talebani. Finora l’Emirato è stato formalmente riconosciuto soltanto dalla Russia, il 3 luglio 2025. Qualche giorno dopo, l’8 luglio scorso, i giudici della Corte penale internazionale hanno espresso un giudizio meno benevolo ed emesso mandati di arresto per Haibatullah Akhundzada, il leader supremo dei Talebani, e per Abdul Hakim Haqqani, a capo della Corte Suprema.
Secondo i giudici della Corte, vi sarebbero elementi sufficienti per ritenere che entrambi “abbiano commesso – ordinando, inducendo o sollecitando – il crimine di persecuzione contro l’umanità”. Persecuzione “per motivi di genere, contro ragazze, donne e altre persone non conformi alla politica dei Talebani in materia di genere e identità”. Secondo la sentenza, si tratterebbe di “atti di violenza diretta, ma anche forme di danno sistemico e istituzionalizzato, compresa l’imposizione di norme sociali discriminatorie”.
Il paese è peraltro tornato al centro delle cronache mondiali soprattutto a causa del recente terremoto. Situato sulla linea di faglia che separa la placca euroasiatica dalla parte occidentale della placca indo-australiana, l’Afghanistan è soggetto infatti a terremoti frequenti. Nel 2023, oltre 1.400 persone erano morte nelle regioni occidentali vicino alla zona di Herat, a causa di scosse di magnitudo 6,3. Domenica 31 agosto una prima scossa tellurica ha colpito la regione sudorientale dell’Afghanistan, in particolare le province di Nangarhar e Kunar. Le operazioni di soccorso sono state complicate dal territorio montagnoso e da frane e piogge: per poter raggiungere i villaggi più remoti, sono stati utilizzati gli elicotteri. Le scosse, di magnitudo 6,0 sono state molteplici con un bilancio di oltre 2.000 morti e di quasi 4.000 feriti, secondo i dati Unicef.
Il governo dei talebani ha chiesto aiuto alla comunità internazionale, mobilitato l’esercito e stanziato circa 1,5 milioni di USD per l’emergenza, mentre le Nazioni Unite hanno annunciato aiuti per 139,6 milioni di USD per i prossimi quattro mesi. Altri fondi sono stati promessi da UNICEF, Iran, India, Regno Unito, Cina e Unione europea. Recentemente (il15 settembre), il Tagikistan ha inviato 3.000 tonnellate di aiuti – il contributo più grande – segnalando la sua volontà di cooperazione.
Inutile dire che si è trattato dell’ennesimo duro colpo per un paese già povero e provato: gli abitanti dell’Afghanistan sono attualmente poco più di 42 milioni e la loro aspettativa di vita è di soli 66 anni, mentre nel vicino Pakistan, gli abitanti sono 251 milioni e l’aspettativa di vita è di 68 anni e in Iran 91 milioni, con un’aspettativa di vita ben più alta, di 78 anni. Complice la configurazione territoriale impervia e le infrastrutture carenti, gli afgani sono isolati, in tutti i sensi: l’accesso a internet, per esempio è possibile soltanto per il 18 percento della popolazione, mentre nel vicino Iran il dato è dell’80 percento.
Paesi asiatici più poveri nel 2024

Le difficoltà del paese si ripercuotono ovviamente anche sul reddito medio pro-capite che è di soli 413,8 dollari l’anno: secondo i dati del 2023 riportati dall’UNICEF, il 62,3 percento della popolazione vive in povertà (nel 2020 era il 50,8 percento).
In merito alla disoccupazione, secondo i dati del 2024 a disposizione della Banca Mondiale, l’Afghanistan è al ventunesimo posto con un tasso del 13 percento tra la forza lavoro, un dato declinato soltanto al maschile perché nell’Emirato dei talebani le donne sono recluse in casa. Le cause dell’alto tasso di disoccupazione sono molteplici. Oltre quattro decenni di guerre hanno distrutto le infrastrutture e reso fragile l’economia, colpita anche dalle scarse precipitazioni conseguenti ai cambiamenti climatici . L’instabilità politica e sociale, nonché l’alto tasso di criminalità hanno inoltre di fatto azzerato gli investimenti. A questi fattori si aggiungono il lavoro spesso stagionale, che lascia disoccupati gli afgani per diversi mesi l’anno, e il rimpatrio negli ultimi tre mesi di quasi due milioni di rifugiati dal Pakistan e, per la maggior parte (1,8 milioni) dall’Iran. Inoltre, la dipartita degli eserciti stranieri nell’agosto 2021 ha sottratto a numerosi afgani una fonte di reddito importante.
Andamento della disoccupazione in Afghanistan

In difficoltà da decenni, gli afgani sono stati ulteriormente colpiti dall’ordine esecutivo numero 14169 firmato il 20 gennaio 2025 dal presidente statunitense Donald Trump, “Reevaluating and Realigning United States Foreign Aid”, che ha quasi azzerato gli aiuti umanitari promessi, nell’ordine dei 18 miliardi di dollari. Le conseguenze per la popolazione sono gravissime, in particolare nell’istruzione, nel settore alimentare e agricolo, nella sanità, nelle stesse attualissime emergenze in caso di disastri ambientali come terremoti e alluvioni e nelle organizzazioni non governative sia per i dipendenti sia per gli utenti.
Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) in Afghanistan si sta profilando una crisi umanitaria ancora più profonda, proprio a causa delle decine di migliaia di afghani costretti a rientrare dai paesi dove avevano trovato aiuto, dove la loro presenza ha comportato una pressione economica evidente. Per questo motivo l’UNHCR ha chiesto 71 milioni di dollari per assistere coloro che arrivano a casa in condizioni quasi disperate. Solo ad aprile 2025, più di 251.000 afghani sono rientrati in circostanze avverse dall’Iran e dal Pakistan, tra cui più di 96.000 espulsi. L’UNHCR continua a insistere con i governi di Iran e Pakistan che i rientri in Afghanistan debbano essere volontari, sicuri e dignitosi, soprattutto per tre categorie: le donne e le ragazze che in Afghanistan devono affrontare crescenti restrizioni in termini di accesso al lavoro, all’istruzione e alla libertà di movimento, le minoranze etniche e religiose, perseguitate dai talebani e gli attivisti per i diritti umani e i giornalisti.
Dal 2023, sono stati infatti più di 3,4 milioni gli afghani che sono tornati o sono stati espulsi dall’Iran e dal Pakistan, di cui oltre 1,5 milioni solo nel 2024. Questi rientri di massa hanno messo a dura prova la capacità di molte province afghane e hanno esacerbato il rischio di ulteriori spostamenti interni. Si sono verificati anche ulteriori nuovi spostamenti verso i paesi limitrofi e sono aumentati i rischi di spostamenti verso l’Europa. Nel 2024, gli afghani sono diventati il gruppo più numeroso (41%) di arrivi irregolari dalla regione Asia-Pacifico verso l’Europa, un dato che le autorità dell’Unione Europea non dovrebbero sottovalutare.
Come è ovvio, affronare le conseguenze del devastante terremoto sarà un'impresa improba: le notizie più recenti segnalano migliaia di famiglie ancora sfollate e circa 8.000 case distrutte o gravemente danneggiate con oltre il 65 percento delle strutture colpite a Kunar. Sono stati rasi al suolo 53 scuole e numerosi centri sanitari. L'OMS avverte peraltro di tagli ai fondi che ostacolano gli sforzi, dato che le restrizioni talebane limitano l'ingresso di lavoratrici mediche e la fotografia di donne durante le distribuzioni.
Con l'inverno in arrivo, migliaia di persone senza riparo sicuro rischiano ulteriori sofferenze.
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