Nella “terza repubblica” che ci attende la politica dovrà riprendere il suo terreno con un’agenda e un programma, anche tecnico. I vari schieramenti politici, che richiederanno domani il consenso elettorale, dovranno fare i conti con le riforme varate dal governo Monti, istituzionalmente chiamato a fare scelte anche impopolari e dolorose. Scelte che non rispondono a un programma elettorale, ma che dovranno essere approvate da un Parlamento composto da schieramenti sino a ora contrapposti in termini di idee e programmi.
Nel prossimo futuro, poi, i “politici” dovranno ripresentarsi agli elettori per spiegare le scelte fatte (anche) in questo periodo e chiederne il consenso sulla base di progetti che si differenzino da quelli dei competitori. Nella speranza che il tutto non si riduca a una sfida “di principi”, giocata sul piano squisitamente ideologico.
Il problema è aperto e, si crede, non sarà di facile soluzione. Né la storia romana è d’aiuto: nella Roma repubblicana il bipolarismo non esisteva.
Certo, potremmo fare conto sul nostro provvidenziale stellone, ma non si può non richiamare al riguardo Giuseppe Tomasi di Lampedusa che nel suo “Gattopardo” fa dire al generale Pallavicino: “C’è lo stellone, si dice. Sarà. Ma lei sa meglio di me, Principe, che le stelle fisse, veramente fisse non sono”.
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