Ogni qual volta entrava in Facebook leggeva cose che lo turbavano e lo rendevano insonne. "C'era una tipa che scriveva di aver sognato il capo del governo del mio paese, morto. Ce n'era un altro che parlava di lui come di un virus che non muore mai. E infine un terzo, che confessava di andare di continuo sui siti d'informazione con la speranza di leggere la notizia della sua morte" (88-89).

Quindi la confessione: "Sì mi tocca essere sincero. Quella notte mi sono reso conto che anch'io, spesso, più o meno consapevolmente, nei secondi che precedono l'apertura di una pagina web, ebbene sì, me lo sono augurato anch'io di leggere la luttuosa notizia" (89).

La riluttanza espressa da Ferrucci nel confessare un odio politico così profondo è mera dissimulazione, come lo è la piroetta barocca di non poter scrivere un romanzo d'amore perché al potere c'è Berlusconi.

Chi legge gli articoli di Ferrucci sul Corriere del Veneto o su Il Manifesto sa che Ferrucci è da anni organico a quel moto d'odio contro l'attuale presidente del consiglio che sconfina nella psiche profonda dei gesti atavici che abbiamo visto compiere in Libia.

Un moto d'odio diffuso e trasversale che unisce mondi distanti. "We had the Arab spring and got rid of the Arab dictators. Now we are going to have a Mediterranean fall" ha dichiarato Marco Elser al Financial Times in un articolo pubblicato il 5/6 novembre (p. 2). Anche per il co-fondatore della Advicorp di Roma, una società specializzata nell'acquisto di crediti, Berlusconi è un tiranno e i tiranni alla fine non possono che cadere.

D'altro canto, in un sondaggio della Demos e Pi commissionato da La Repubblica e pubblicato il 7 novembre 2011, il 22,7% degli interpellati di dice convinto che non c'è molta differenza fra un regime democratico e uno autoritario. Un altro 9,9% addirittura crede che in talune circostanze un regime autoritario può essere preferibile al sistema democratico.