1. Esiste una vasta letteratura sul tirannicidio, che non è un assassinio qualunque, ma un rituale la cui origine si perde nella notte dei tempi. È inutile negarlo. Non si tratta di uno spettacolo edificante.
Gli esempi che ci vengono dall'antichità classica e dai periodi aurei dell'assolutismo europeo sono distanziati dal lindore estetico delle rappresentazioni con cui si è conservata la memoria di questi eventi. I poemi, le cronache, i dipinti e le stampe che danno notizia dei tirannicidi del passato non mostrano fino in fondo l'orrore che sta alla base di questo osceno rituale.
Si è dovuta attendere la disseminazione dei sensori ottici sui telefoni cellulari per percepire a pieno ciò che accade realmente quando una folla inferocita riesce finalmente a mettere le mani su chi ritiene essere la causa dei suoi mali.
2. È quindi solo di recente che abbiamo appreso come, a ben guardare, il tirannicidio sia uno spettacolo edificante. È quello che abbiamo visto accadere in Libia in tempo reale.
Ma guardando da una distanza di sicurezza quegli eventi, sfido chiunque a non aver sentito un brivido per la piega che stanno prendendo le cose in Italia. Non è questo che si nasconde dietro l'attacco dei due "squilibrati", quello del cavalletto in Piazza Fontana di Trevi e quello del duomo in miniatura a Milano?
Quest'odio sordo, cupo, assoluto che una parte degli italiani sente per Silvio Berlusconi, un rappresentante del popolo che loro reputano essere un sovrano assoluto, non è forse imparentato con l'erompere della violenza contro il corpo del tiranno a Sirte?
Lo scorso 16 giugno usciva un romanzo, Sentimenti Sovevrsivi (Milano: ISBN, 2011) di Roberto Ferrucci, in cui il protagonista, uno scrittore (apparentemente) indistinguibile dal Ferrucci medesimo, si recava in Francia per scrivere un romanzo d'amore, senza però riuscirvi. Non ci riusciva perché ogni qual volta accendeva l'iPad leggeva notizie sconfortanti dall'Italia.
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