Fin qui, analisi e ipotesi. A parte la prima, le altre presentano rischi sempre crescenti per la tenuta dell’euro, che potrebbe tornare a un sistema come era stato lo SME, differenziando la monta al suo stesso interno: un “euro 1” (quello tedesco) al centro, attorno al quale oscillano, entro bande stabilite, gli “euro 2” o “euro 3” degli Stati membri meno virtuosi.

Questo è di fatto un primo spunto, frutto di confronto intorno ad un tavolo, nello spirito di “Agenda”. Si tratta cioè di affrontare una questione ormai sempre più essenziale e posta prepotentemente dalla crisi: se la moneta ma anche i mercati devono sottostare a delle regole, perché non prendere in considerazione la limitazione dell’accesso al mercato delle materie prime agli operatori del settore, che potrebbe porre un freno alla speculazione scatenata negli ultimi anni nel comparto delle commodities?

Sempre a proposito di limiti e regole, si pone un’altra, fondamentale, urgenza: metter mano a una più completa e seria regolamentazione delle agenzie di rating. Sono sotto gli occhi di tutti i tanti, troppi danni di cui sono state responsabili negli ultimi mesi. Danni che prescindono pressoché del tutto dal merito delle loro analisi e che sono stati provocati per il sol fatto che hanno diffuso in modo incontrollato le loro analisi e previsioni a mercati aperti, compromettendo intere sessioni di scambi in alcuni casi iniziate con segno positivo e poi virate fino a raggiungere forti ribassi e grandi perdite. Sul punto non c’è dubbio che è necessario procedere alla riforma della regolamentazione del settore del rating: per dirla con le parole di Mario Deaglio (Serve un freno al potere delle agenzie, La Stampa, 7 dicembre 2011), “occorre muoversi rapidamente in questa direzione per evitare che il mercato mangi se stesso, dopo essersi mangiato l’Europa”.

Quanto all’Italia, anche il dibattito politico con cui è iniziato il 2012 manifesta come sia ormai imprescindibile la creazione di un nuovo “patto generazionale” capace di dare fiato al futuro dei giovani, perché dopo 150 anni di storia del nostro Paese non debbano essere la generazione condannata a non avere speranze di gettare le basi per festeggiare i due secoli di storia unitaria.