Se l’incastro funziona…

Il mondo è travolto dai gorghi – è il Caos. Ma la materia informe non ha un Demiurgo che riporti l’ordine – che plasmi il Cosmo. Il Demiurgo non sa che “pesci prendere” nel Mondo. In questo momento, il gorgo dei gorghi è l’Italia per colpa del suo gran debito e per la sua crescita asfittica. Il nostro piccolo Demiurgo – nella forma di un governo tecnico –  saprà riportare l'ordine?

Fino alla primavera del 2011 il debito italiano non era considerato a rischio (1). Lo si vedeva dai differenziali di rendimento richiesto, e dai premi per assicurarsi contro l'insolvenza – i famigerati Credit Default Swaps. Quanto diceva il ministro Tremonti era vero: i nostri conti erano blindati.  Qualche tempo fa, l'espressione – cafona – PIGS includeva l'Italia: Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. Poi l'Italia scompare per un certo tempo e al suo posto va l'Irlanda. Da qualche mese  abbiamo i PIIGS: laddove le due I sono l'Irlanda e l'Italia.

Si potrebbe pensare che la scarsa credibilità del Berlusconi III sia all'origine del mal andamento del debito italiano. Le manovre di Berlusconi III all'inizio erano incerte (2), poi sono diventate chiare negli ammontari, ma oscure nella composizione (3). Spesso ci si dimentica che intanto erano state riviste le stime di crescita in Europa (4).

Da adulti le spiegazioni mono causali non bastano più: non si può credere alla sostanza o energia diabolica racchiusa solo in Berlusconi. Anzi, addirittura nel corpo di Berlusconi (5). Ecco allora un'articolazione migliore (multi-variata) dell'origine della crisi: se si ha una combinazione di minor credibilità e di minor crescita, allora sale il costo del debito pubblico e con esso  il costo politico del suo contenimento: più sale, più emerge la fragilità della coalizione di governo. Va aggiunto al ragionamento che sono sempre in azione i due meccanismi – indipendenti dall'azione del governo: la facilità con cui può evaporare dall'Italia la liquidità, e i minori acquisti degli investitori passivi di titoli italiani (6).

Con la crisi del debito pubblico italiano gli scenari sono diventati agli occhi di molti apocalittici. Basta, infatti, immaginare che il debito possa essere ristrutturato – ossia l'Italia dichiara che le sua obbligazioni con un valore di 100 passano a 70 – che si ha un impatto devastante sulle banche europee che lo detengono (7). Queste, che già debbono ricapitalizzarsi di loro, dovrebbero pure ricapitalizzarsi per tenere conto degli effetti del debito pubblico dei paesi europei mal messi. E sono
centinaia di miliardi di euro di aumenti del capitale di rischio.

Si possono immaginare scenari meno apocalittici. Il controllo del debito scappa di mano se il suo costo economico sale troppo, diventando un costo politico ingestibile. Nel caso italiano, se il costo complessivo del debito – come media dei rendimenti dei titoli che scadono dai tre mesi ai trent'anni - arriva oltre il 6% con una crescita economica nominale molto bassa, siamo sulla soglia del pericolo, anche se non cadiamo ancora tramortiti (8).


Esiste però la possibilità di una manovra a tenaglia, di un gioco a incastro che riporti in su i prezzi del debito italiano (sarebbe l’azione del nostro piccolo Demiurgo).

La premessa è questa. Un bilancio pubblico con un maggior surplus primario (le entrate che sono maggiori delle spese prima del pagamento degli interessi) dovrebbe bastare a pagare gli oneri da interesse sul debito emesso. In sostanza, si ha il pareggio di bilancio. In questo caso, il debito pubblico smette di crescere. Questa è il primo pezzo dell’incastro. A quel punto, la Banca Centrale Europea, comprando, non “monetizzerebbe” il debito italiano: ossia, l’acquisto di titoli del Tesoro non servirebbe a finanziare la politica fiscale italiana. In questo modo, la Banca Centrale si muoverebbe dentro l'interpretazione più rigida dei suo statuti (la preferita dalla Germania). Questo è il secondo pezzo dell’incastro.

Perché l’incastro scatti, le azioni necessarie sono due:

a)     
una manovra di bilancio che porti a un surplus primario cospicuo e stabile – soprattutto con una revisione delle spese di natura pensionistica;

b)     
una combinazione di decisioni che incentivi la crescita economica – soprattutto un mercato del lavoro riformato.

A quel punto la Banca Centrale Europea è  messa nelle condizioni di  intervenire, usando la sua potenza di fuoco, che è illimitata, potendo essa creare moneta.

Veniamo all'attuazione pratica dell’incastro. Dopo il voto sulla legge di stabilità, Berlusconi dà le dimissioni. Arriva un “tecnico di prestigio” – un senatore nominato dal Presidente della Repubblica - che applica il  programma “europeo”. Le elezioni si possono avere subito, come alla scadenza naturale.

I mercati si trovano ad avere l'Italia con dei “fondamentali” migliori e la Banca Centrale come acquirente di debito italiano. A quel punto i mercati hanno guadagnato abbastanza al “ribasso” (andando “corti”, o “scoperti”, ossia si guadagna se i mercati cadono) per potersi mettere al “rialzo” (andando “lunghi”, ossia si guadagna se i mercati salgono). Hanno guadagnato una volta al ribasso, possono guadagnare un'altra volta, andando al rialzo, e perciò possono placarsi. Il sacerdote azteco ha avuto abbastanza cuori sanguinanti da mostrare stralunato agli dei.


Fin qui, se il gioco funziona. E se invece non funziona? Potrebbe incepparsi per svariati motivi. Proviamo a descriverli.

1) La legge di stabilità, opportunamente emendata secondo le istruzioni dell'Unione europea, viene votata. Subito dopo, rapidamente, una "maggioranza per l'Italia" elegge un “tecnico di prestigio”. Sarà un Presidente del Consiglio "per l'Europa" e  assume solennemente l'impegno a fare tutto quello che nella legge di stabilità c'è, e anche quello che manca (per esempio, le famose pensioni di anzianità e, se non la patrimoniale, la tracciabilità fiscale dei patrimoni, che è l'unico strumento serio per combattere l'evasione).  Dopo un paio di mesi, i partiti che hanno sostenuto il tecnico di prestigio si trovano a dover spiegare ciascuno ai propri elettori che faranno esattamente quello che gli avevano garantito di non fare mai; per di più essendo incalzati all'esterno dalle ali  più estreme del proprio schieramento, a cui non par vero di incassare il dividendo dell'irresponsabilità. La situazione diventa insostenibile, il governo cade, e si va a elezioni. I mercati finanziari non sono contenti.

2) La legge di stabilità viene votata, come sopra. I mercati la leggono e ci trovano poco di quello che vorrebbero. La leggono anche coloro che l'hanno votata, e ci mettono due giorni a capire in che situazione si troverebbero di lì a due mesi, se si formasse la "maggioranza per l'Italia" (fiducia reciproca e patriottismo costituzionale sono merce rara, e in ogni caso, come diceva Mark Twain, non si può pretendere dai tacchini che anticipino il  Natale). Il "governo per l'Europa" non nasce affatto. Si va ad elezioni, perché non c'è rimasto altro da fare. Quanto ai mercati, meglio che quel giorno siano chiusi.

3) C'è una terza possibilità, tuttavia. Se le elezioni in queste condizioni rappresentano un rischio insostenibile per le ragioni di cui sopra e la "maggioranza per l'Italia" non si riesce a fare, si fa invece una maggioranza "all'italiana": in sostanza, il Pd, i centristi, l'area ex dc del Pdl, più vari ed eventuali, con qualche astensione di contorno. Un tecnico per presiederla si trova. I mercati leggono la legge di stabilità, e ci vedono poco di quello che vorrebbero: le pensioni di anzianità spariscono non prima del 2026 (nel lungo periodo, diceva Lord Keynes, saremo tutti morti), mentre è noto che il periodo di massima tensione nella spesa pensionistica si avrà fra pochi anni, quando andranno in pensione i baby-boomers, che sono tanti; i meccanismi per l'alienazione di quote del patrimonio pubblico sono lenti e farraginosi; le liberalizzazioni forse si faranno e forse no; non c'è nulla che sostenga davvero le imprese, e comunque la crescita, italiana ed europea, sarà, al più, debolissima. Dunque la legge di stabilità emendata non risulta credibile perché non mette i conti pubblici in sicurezza, il governo non riesce a far niente e dopo Natale al massimo ci ritroviamo daccapo. Ma un po’ peggio di adesso.


Vogliamo essere chiari: non prospettiamo questi scenari per il piacere di fare i menagramo. Ma ci pare che in questi giorni, come se non bastassero i drammi, ci si aggiungono le drammatizzazioni. L'Italia è una repubblica parlamentare, e qualunque governo deve avere la maggioranza in parlamento. Obama non ha un presidente del consiglio, Sarkozy ce l'ha ma nessuno sa chi sia e può licenziarlo quando vuole. In Italia non funziona così, e tanto vale non dimenticarlo, soprattutto in un momento complesso come questo.

D'altra parte, una vecchia democrazia come l'Inghilterra e una giovane democrazia come la Spagna hanno affrontato la crisi economica e finanziaria in maniera composta, gestendo i cambiamenti di governo per via elettorale, e senza ingenerare il timore che si creassero vuoti, interregni pericolosi perché indefiniti, disconoscimento delle responsabilità. Questo è un elemento di forza straordinaria per qualunque paese.

Ma è quello che manca all'Italia, ed è quello che dobbiamo costruire, prima che sia troppo tardi. Comunque vada nei prossimi giorni – e ci auguriamo caldamente che vada bene – il cammino che ci aspetta è lungo e duro. Non basta il Demiurgo, grande o piccolo che sia, perché richiederà l’impegno di tutti: dovremo riscrivere il contratto sociale e il patto fra generazioni (9).

Meglio tenere i nervi saldi, non alimentare speranze “demiurgiche” e… rispettare il codice della strada.

(1) Perchè la speculazione specula?

(2) Le manovre di Berlusconi III

(3) L’ultima manovra di Berlusconi III

(4) Le nuove stime dell’Ocse: crescita giù

(5) Due scuole di pensiero su Berlusconi

(6) Il fattore SB e lo spread

(7) Il fabbisogno di capitale delle banche europee

(8) http://www.centroeinaudi.it/qlettera-economicaq/ricerche-economiacentroeinaudiit-99.html

(9) Politica italiana – Ma esiste il governo tecnico?